(disegno di simone righini)

ringraziandolo per la simpatica simpatia volevo poi chiedere perdono a mao per questo mio racconto che lo coinvolge, e dirgli che son sempre in attesa che se ne esca con una qualche canzone nuova

cinque mesi fa, emmezzo, circa, so mica bene come, mi ritrovo alle sette della sera, sobrio perlopiù, davanti alla vetrina d'un negozio, chepperò dentro contiene no un negozio, contiene casa di mao. mao il cantante barra presentatore barra speaker radiofonico barra cortista parentesi nel senso dei film brevi parentesi barra 'ccetera.
cerco un campanello o un modo per dileguarmi, so mica bene come m'è venuto in mente ' dire a mao "guarda, ti posso mica fare un'intervista?". come facevo ' sapere in anticipo, col mio alito fetente, che avrebbe detto sì, mi?

niente. il campanello non lo trovo. butto giù un altro sorso di gin dalla fiaschetta mia bella e carogna, d'argento, e a seguire una pilloletta rinfresca alito, anche se si sente lo stesso, il fetore fetido e fetente del mio alito. (fe).
allora telefono al mao che dice: "ah sei qui davanti, ti vengo ad aprire"
cerco di darmi un tono professionale. mi spettino di più i capelli, scompiglio le basette, raddrizzo il pizzetto. mi vien una scoreggia, ma la tengo. la vetrina s'apre e il futuro intervistato si presenta in tutta la sua fulgida bellezza asimmetrica, e giacchetta di velluto. ci si dà la mano, ci si saluta. superando la soglia cerco di concentrarmi. scopro così d'aver tutte le sensazioni concentrate sulle punte de' piedi, tanto che riesco ad accorgermi d'aver messo un calzino alla rovescia, ne sento la cucitura interna. mi guardo intorno, cercando di non inciampare in una lambretta barra vespa barra scooter, mica son qui a far la lezione di motociclismo, io.
qui sembra tipo un magazzino del trovarobe parentesi nel senso del cinema parentesi. poi girato l'angolo c'è tipo un divano. buttato sul divano c'è un'edizione einaudi tascabili, a pancia in giù. appunto mentale: prima d'andar via da' un'occhiata al titolo, fa' il professionista.
tremo, fremo e mi chiedo come mai questo mao qua se uno passa e gli chiede "te la faccio un'intervista?", peraltro dopo averlo sommerso di cazzate, peraltro, quali "mah, i tiromancino hanno copiato un poco il tuo stile..." e altre stuzzicherie del genere, poi lui l'intervista gliela concede per davvero. a volte la birra mi mette in testa certe idee del cazzo tali, tipo come mettere in forno una pizza alle tre di notte e lasciarla carbonizzare fin'al mattino, o andar in giro a spacciarmi per uno che fa interviste treppuntini. son cose che ti rendono più umile, mica.

riesco a togliermi il cappotto senza inciampare in niente e mi cerco un posto per sedere. il mao si mette su uno sgabello. mi dice che dietro la porta alle sue spalle c'è il suo studio di registrazione, con un personaggio dentro che ci sta lavorando. "poi ti faccio fare un giro", dice, mi.
son cose belle, ma qui bisogna far no una figura dimmerda. ecco che tiro fuori il mio taccuino, la penna biro e la voce, per chiedere: "ti spiace se prendo appunti?".
eh. brav'arsenio, propio una domanda coi fiocchi, propio. chissà se ho pronte altre minchiate, a breve.
poi le cose son andate avanti un po' per i fatti loro. fatemi vedere cosa son andato a chiedergli, ché io mica mi ricordo le cose, son mica uno che se le ricorda, le cose, dopo cinque mesi emmezzo figuriamoci. poi per scriver due righe ci metto una settimana, figuratevi quanto ci metto a finire sbobinare 'st'intervista, di.

parentesi cosa vi piglia poi voi di venir a leggere 'ste robe. chevvifrega a voi se mao vive in un magazzino o no? ché poi lui dice, mi: "cosa sarà mai? certo non potrò organizzare le cene con gli amici, ma tanto vado a mangiar fuori, perlopiù..." parentesi.

insomma mi pare di ricordare che gli ho chiesto se si rimette a fare musica, se si rimette a suonare in giro, lui ch'ha un passato da busker, ché 'sta parola, busker, io mica la conoscevo, se non era per un certo strelnik che m'ha suggerito la domanda, ché strelnik ha il primo disco di mao, "sale" credo che si chiami, del novantasei, virgin. pensa. una major. e insomma in 'sto disco il mao canta una canzone come fosse tipo per strada e infatti m'ha confermato che l'ha registrata per strada. alla fine si sentono le monetine cadere nel cappello. robe che ti rendono più umile. una cover di "What a wonderful world" era.
e lui, alla domanda se si rimette a uscire con la musica sua: ma mica si può uscire così tanto per uscire, alla volemose bene, testuale, m'ha risposto.

il fatto è che il mao parlava, sentendosi intervistato, e io non sapevo cosa segnarmi, sul taccuino. sono anni che non prendo appunti, anni che l'ho smessa con l'università, senza contare che ho saputo mai, io, prendere appunti. eh. senza contare.
mi ero informato di mao, ma fino a un certo punto. oppure non avevo studiato bene, perché quando poi lui guarda per aria e fa il conto dei video che ha girato in vita sua (e son passati su mtv) e ti dice: sono 4, io ho risposto "ah, certo, quattro", ma non sapevo di che cazzo stavo parlando, pensavo due, pensavo.
poi, al mao, gli ho fatto la domanda più delle balle che poteva uscirmi fuori: e con le donne? il successo, funziona?
e lui: funziona sì, ma anche con gli uomini.
eh, certo.
credo che dopo di questo avrei dovuto scroccargliela una sigaretta, inciso, per.
invece faccio mente locale e gli dico che tutto questo mio agitarmi per intervistarlo è nato dal mio voler raccontare come cambia la vita quando uno ha successo e poi non ce l'ha più. non che il mao non abbia più successo. mi interessava di sapere cosa si prova quando uno insomma puntini d'imbarazzo imbrattato di rimbrotto. (imb).
lui mi sa ch'ha capito cosa volevo dire e m'ha risposto molto pragmaticamente che quando il telefonino smette di squillare, 'nsomma, devi cercare delle alternative. testuali parole.
(ecco, 'desso ch'ho controllato, m'ero segnato sul taccuino: "quel che vorrei raccontare è il tuo rapporto con la celebrità")

poi, mi pare di ricordare, che m'ha parlato della community che dialoga con l'esterno, della grande vitalità degli anni '90, della fine degli anni '70, che come gli anni '60 mai più, cosa ne pensi di bugo, boh, usi il mac o il pc, tutti e due, i corti dove li trovi, l'aiace di torino m'ha aiutato, e mtv come la mettiamo, su mtv nella sfiga c'ho avuto abbastanza culo, con mtv hot e tokusho e kitchen e tiziana con pezzi, andrea, e 500!, romantico, satelliti, lekojak con max gazzé, se non ti suona più tanto il cellulare allora leggi qualche libro, il successo è un participio passato perché ne hai una percezione a posteriori, questa perversione nel mondo dello spettacolo è bestiale, se non fai subito una cosa ti tagliano le gambe, mentre negli altri paesi europei puntini, elisa è una grande cantante ma, carmen consoli, celentano non era conformista, adesso sì, adesso c'è poco, il pubblico non è una roba passiva, quando c'è crisi bisogna investire.

poi volevo chiedergli degli alti e bassi, del costo dei cd, della distribuzione libera, dei film di muccino, dell'underground torinese, di torino come città (si riesce a scrollarsela di dosso?), di winmx, se fosse meglio dell'auditel, se ne sapeva qualcosa di gurdjieff, come è stato lavorare con max gazzè, perché la mescal non ha spinto molto il suo ultimo disco "black mokette", volevo chiedergli dei compromessi con le case discografiche, del commercio e delle canzoni, delle logiche commerciali, se metterebbe la sua musica liberamente scaricabile da internet. e forse gliel'ho pure domandata tutta questa roba, ma mi son segnato solo questo appunto, virgolette mao dice che in italia nessuno ha mai capito che la musica ha un valore culturale, la musica giovanile dico virgolette.

sul taccuino avevo anche delle altre domande, suggerite da certi amici miei birboni, tipo se s'era fatto una storia con morgan, seh, ma mi veniva da pisciare forte, ' quel punto, oppure lui doveva 'ndare in piscina, e gli ho detto virgolette ciao mao, grazie, ' massimo una settimana butto giù gli appunti e ti faccio leggere l'intervista punto 'sclamativo virgolette, cinque mesi emmezzo fa fine.