an arsenio bravuomo production 2002 - corretta infine il 17.09.2002

daccapo oppure parlami

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mi sono svegliato stamattina e ho fatto colazione con il limoncello. ho la barba lunga e i miei piedi puzzano, anche con le calze pulite. sono ubriaco. infatti non potete sapere quanta concetrazione mi ci vuole per riuscire a scrivere senza fare errori. anche se a volte sono talmente concentrato che mi sembra di riuscire ad afferrare col pensiero tutte le cose del mondo, di inghiottirle, come un ciclone impietoso, buone e cattive, senza rispetto per le persone, per le cose e per me. forse è un modo come un altro per annientarsi, o per cancellarlo tutto, l'orrendo mondo. ma ora la pianto, perché tanto non lo sono per davvero un orrendo idealista.

ho guardato nel mio cassetto e ho tirato fuori le mie ultime cinquantamila. le ho spese in alcool. martini, campari, gin, birre e bardolino. mi basterà per il fine settimana?

ho chiamato ania, non so cosa mi è venuto in mente, e lei mi ha raccontato di uno con cui si è fatta un giro. e quando io, certo per scherzo, le ho detto: "ah già, che il tuo motto è: chiedi e ti sarà data" lei mi ha sbattuto il telefono. in faccia. ma ero già abbastanza bevuto per non soffrirne troppo nell'orgoglio. che ne ha rovinati più lui del petrolio.

così avevo bisogno di un amico, uno di quelli che non stanno lì sempre a giudicare quello che fai, o a darti dei consigli. uno di quelli che davvero ci provano a capire come ti butta la vita. uno di quelli che se gli dico che sono incasinato con una non mi rimprovera automaticamente "eh, te l'avevo detto!" così ho chiamato bertrando. l'amico mio. e infatti non mi ha detto che me l'aveva detto. mi ha detto: "vaffanculo".

allora ho cominciato a telefonare agli altri amici, attaccando con frasi tipo: "ciao, sono ubriaco, ma non ti spaventare, non sono molesto, e lo so che l'ubriachezza è sintomo di alcolismo, ma io, tu potrai confermarlo, non diventerò mai un alcolizzato, visto che sono totalmente sprovvisto del necessario istinto autodistruttivo...", piangendo e frignando e dandomi del coglione, consapevole che stava diventando sempre più difficile compitare parole con un senso...

ho cominciato a chiamare le mie amiche e dire: "ehi, ti va di sbronzarti con me?". clik. oppure: "quand'è che si fa un po' di nudismo integrale tra di noi?". clik.

ho cominciato a capire che troppo spesso do per scontato che tutte le persone siano fornite di una certa quantità di autoironia, anche se in modica quantità.

è sera e i miei piedi continuano a puzzare, ma ho abbastanza da bere, e arance da spremere e allungare con il gin, la tequila e la vodka, e musica da farmi riempire il cervello e scoppiare le orecchie. penso che i miei soli momenti di felicità profonda sono stati quelli inzuppati di vino, birra o gin. o tutto insieme.
c'è troppa luce, troppa luce in questa stanza, dov'è finita la penombra, dov'è finita la finta oscurità, mossa appena da un leggero luccichio, e quelle note struggenti da placare e piangere alla luce fioca e poca di una candela mocciosa?
ho spento tutte le luci. c'è solo il lampeggiare della televisione e io lo guardo di riflesso contro il muro. i lampi che a volte accecano e a volte no. e c'è il vino.

e piango e singhiozzo e sbavo e caccio fuori tutta la disperazione, cazzo! e bevo di più, ancora di più, per amplificare tutto questo, per renderlo più enorme e ingestibile, più tremendo e irrinunciabile.

è che mi cola il naso.

ecco. ho versato. il vino. che c'era nel bicchiere.

chissà com'è sentire me al telefono, dall'altra parte, che piango e frigno e mi do del coglione, gli occhi mi bruciano terribilmente, ma è che mi diventa sempre più difficile compitare parole con un senso e tutto...

alla fine del giorno bertrando mi richiama ricordandomi severo che domani devo recarmi alla sua festa di compleanno.

non so voi ma io faccio proprio che mi prendo una pausa.

preghiera: c'era il cielo pasticciato di nuvole e il sole del tramonto le sagomava di rosso fuoco. e dietro quel cielo, nascosto dal sipario delle nuvole, c'era quel gran testone del sole, e io ho visto distintamente il suo occhio insinuarsi in una crepa di nubi e fissarmi. e stava ridendo, di quella sua tipica gioiosa e grassa risata.

brindiamo: alla vita che si fa sempre più semplice.

la frasedelgiorno è:

portoni abbandonati
vagabondi scampanati
amici marciapiedi scalzi
avvinazzati
una casa di cartone
e un libro di legno
da dormirci su
i miei occhi tramontano leggeri
nella soffice carta della sera.

un riparo ancora
troverò

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