stamattina la gru che contribuisce alla costruzione di un palazzo
accanto al mio, al posto degli orti abusivi di tutti i maggiori
pensionati del quartiere, lavorava come una forsennata, scricchiolando
e ululando come un muezzin particolarmente in vena. mi sono svegliato
dopo una notte insonne e solitaria, come solo 16 moretti da 33 potevano
rendere tale, e lo so di contraddirmi quando dico di essermi svegliato
da una notte insonne. ho guardato attraverso dei doppi vetri (i
miei occhiali e la finestra) la gru che roteava mattoni a trenta
metri dal suolo, e mi sono accorto di avere voglia di piangere,
solo di piangere, ma non da solo, era una voglia di piangere in
compagnia la mia, forse volevo solo esibirlo, il pianto.
è che non mi so comportare quando dilaga imperiosa una certa
tristezza. o malinconia.
ieri sera ho guardato lo spicchio di luna arancione trotterellare
ingenua fra le costellazioni, in quella notte di inizio estate,
con la fronte aggrottata tipica di un avvenimento inaspettato, più
che altro per la vista dei suoi capelli appena appoggiati sulle
spalle, lasciati liberi di svagolare sopra le orecchie piccole flessuose
dolci e di impigliarsi nella montatura degli occhiali rettangolari
che non riuscivano a nascondere l'incomparabile mistero di quegli
occhi di pesca, che mi hanno fissato per un secondo in più,
il secondo in più che non mi ha fregato il tempo di darmela
a gambe.
è solo mattina ma son già pieno di rimorsi.
una volta ho scritto pure questo:
"Quando il mondo scompare resti tu." (proverbio
antidiluviano)
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