an arsenio bravuomo production 2002 - corretta infine il 17.09.2002

daccapo oppure parlami

1e37d1

quel che ho bevuto oggi non mi soddisfa affatto.

il fatto è che io ho sempre pensato sette o otto pensieri alla volta. sempre avuto la testa piena di pensieri io. una volta manco me ne accorgevo. mioddio, non pensate a pensieri tutti particolari, tipo quelli che potevano passare dentro schopennauer, goödel o turing. no, roba normale, roba da partorire in cinque minuti non di più. dal momento in cui ho scoperto di avere tanti pensieri in testa contemporaneamente la mia vita non è stata più la stessa. se ci pensate è una cosa abbastanza infernale. l'ho scoperto circa dieci anni fa, dopo aver letto "frammenti di un insegnamento sconosciuto", edizioni astrolabio, roma. percorrevo corso Principe Oddone in bici, era maggio, e cercavo di ricordare me stesso e di non esprimere emozioni negative, e cercavo di apprendere dal mondo, dalla natura e dal sole che mi abbagliava sulla destra, e per un attimo ebbi una specie di illuminazione: tutto fu chiaro per me (e non era solo un abbaglio del sole appena sopra l'orizzonte, sulla mia destra). un momento dopo tutta la chiarezza era sparita, ma nella mia testa era sbocciata e perdurava consapevolezza del flusso di pensieri incessanti che l'attraversa, sette o otto. e soprattutto: uno è sempre una canzone.
da dieci anni vivo sostanzialmente con una canzone in testa, non sempre la stessa per fortuna. ho la vita con la colonna sonora incorporata. a volte è una canzone che ho appena sentito, a volte salta fuori da sola. e se cerco di cacciarla fuori dalla mia scatola cranica, lei niente, anzi, aumenta il volume. è un po' come pensare con le orecchie. a volte è imbarazzante: voglio vedervi a cercare il metodo migliore per integrare di una funzione trigonometrica in campo complesso mentre nella testa nek vi canta caterina non c'è.
così ho cominciato a bere per tentare di diminuire il numero di pensieri che contemporaneamente mi scorrevano nella testa come un fiume che straripa. lo so cosa state ridacchiando: non ha funzionato granché. ok, è vero, ma io ho continuato a bere lo stesso.

tanto io mi dico: non diventerò mai un alcolizzato, perché sono totalmente privo di istinto autodistruttivo. ma ho capito adesso che non c'entra un cazzo l'istinto autodistruttivo con l'essere alcolizzati. non è proprio come la droga. ecco se c'è una cosa per cui sono invece drogato sono i libri. non posso passare davanti ad una libreria del centro senza entrarci e comprarmi un tascabile. il fatto è che poi me lo leggo pure, voracemente e velocemente, di modo che posso ritornarci subito a comprarne un altro.
le librerie mi piacciono soprattutto quando sono piene fresche di nuovi arrivi, edizioni nuove, ristampe appena uscite, insomma quando puzzano di brand new stuff. quando non so più che cacchio scrivere mi faccio un giro per il centro e bazzico qualche libreria delle mie, e vedi che me ne vengono poi di cretinate da scrivere...

per esempio stasera me ne vagavo con un andamento un po' baluba per le viuzze della mia città storica, benedetta, ed ero già abbastanza carico di gin puro. strascicavo i piedi più che camminare, cercando di rilassare muscoli e pensieri, un libro in mano tenuto come un'arma, un'arma distesa lungo la gamba, come appena estratta dalla fondina e subito dimenticata a puntare verso il basso. "non devo farmi influenzare troppo dal linguaggio altrui" mi dicevo. i tram passavano, tossicchiando. (ci sono libri che a leggerli è come guardare il cielo. poi ci sono libri che a leggerli è meglio guardarlo, il cielo, ma questa è solo una digressione. chiamatemi dottor divago...)
a tratti mi incuneavo in un anfratto di un muro di palazzo barocco e con gesto misurato, nonostante ci vedessi doppio, svitavo il tappo della fiaschetta, buttavo giù un lungo sorso e poi la sentivo tutta, nelle viscere, nel cervello, dai piedi su per i pantaloni fino al colletto della camicia, la sentivo tutta la degradazione di quel gesto, tutta la degradazione di un gesto misurato ma tenuto nascosto, di un gesto vergognoso, un gesto che ti getta istantaneamente ai margini, un gesto reietto, un gesto in fondo che esprime solitudine e appartenenza, appartenenza ad una schiera di gente sensibile in una certa maniera, e non in un'altra. fino a che mi ritrovo ad urlare in piazzetta carignano: "eccomi che arrivo, vecchi pazzi barbosi e rompipalle, arrivo col mio carico di sfighe, di birra e canzoni, arrivo e vi rovino la vita, brutti vecchi ubriaconi…"
il resto è che mi inciampo in non so cosa, cado, e rimango lungo tirato per terra a guardare che fine ha fatto la mia fiaschetta e vedere con orrore che sta versando tra un sanpietrino e l'altro tutto il suo contenuto di bellezza e trasgressione e vergogna. poi non so come mi sono trascinato a casa. sul tram mi chiedevo che cosa fosse quella tremula sensazione in tutto il corpo? mi sentivo l'anima shackerata insieme agli ingredienti del... margarita. forse avrei dovuto bermi pure l'anima, con un pizzico di sale sulle dita e una fettina di limone da succhiare, dopo.

sono rientrato dalla porta di casa mia in uno stato comatoso dell'ottavo grado della scala mercalli e in quello stato ho filosofeggiato: "nessuno mi ha ancora provato che è più reale la realtà che percepisco da sobrio rispetto a quella che percepisco adesso. è solo tutto più molle, ma chi mi assicura che quella là è la realtà, e che non è questa qua? chi? chi me lo assicura? qualcuno salti fuori a darmi una prova!" e cercavo di dare manate all'attaccapanni.

lo so già, ma apro il frigo speranzoso di trovarvi qualcosa da bere. non c'è più niente, a parte una mezza bottiglia di limoncello.

guardo quel liquido giallo e penso che è la mia unica fonte di vita rimasta.

brindiamoci su.

la frasedelgiorno è:

"Vorrei parlare con mia moglie" gli ho detto.
"Non è più tua moglie, Barney. E tu in compenso sei ebbro".
"Ebbro". Certo, cos'altro può dire uno come lui. "Intendi sbronzo? Ovvio che sono sbronzo. Sono le quattro del mattino".
(Mordecai Richler, La versione di Barney, Adelphi)

in cima oppure ancora