an arsenio bravuomo production 2002 - corretta infine il 17.09.2002

daccapo oppure parlami

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oggi ho rilassato il cuore. ha vissuto, poverino, contratto per tutto questo tempo, che quando ha mollato, la stretta, è stata come un'esplosione nel petto. forse mi sento meglio.

dico forse.

perché mi chiedevo: cos'è la passione?
e mi rispondevo: è questa la passione: è il cervello che urla dentro un organismo sordo, è rompere le regole, è spezzare il cuore. è spezzare il cuore, la passione.
ne deduco che sono molto appassionato, ultimamente.
ania, ho una passione per te, se non t'eri accorta.
e mentre silvestri mi canta occhi da orientale, che è praticamente la nostra canzone, ti penso mentre ti denudi nel bagno e ti insaponi e ti accucci nella tua vasca enorme e bianca e ripenso a quando il tuo gattino la riempiva di zampettate nere e tutta la sabbia che si portava in giro, e io che sono allergico ai gatti, che alla fine l'hai dato via, il gattino, così niente più sabbia che si attacca alle calze, io prima cosa levare le scarpe quando entravo in casa tua, e noi che camminavamo sempre scalzi, e tu, la prima volta a casa mia, ti sei levata le scarpe senza neanche dirtelo, levati pure le scarpe, e così, solo per dire la nostra intimità.

così mi manchi ania, e io che devo mettere in atto meccanismi di autodifesa, per diminuire il senso di mancanza, cerco di imbruttirti nella fantasia, localizzo i tuoi difetti e li esalto, il tuo essere sempre indisposta per un motivo o per un altro, il tuo parlare a macchinetta a volte, ma tutto questo avviene nella mia fantasia e serve solo come sedativo per quando mi sei lontana. appena ti rivedo, affanculo la fantasia.

nella mia fantasia, prorompe il ricordo di quando mi venne in mente la follia di baciarti. non perché fosse folle in sé, o perché così io avrei tradito la fiducia delle persone. no, la follia stava nel prenderti e baciarti, nel cacciarmi in fondo alla tua vita, nel dissotterrare i tuoi segreti, nella tua lingua biforcuta e roteante, ecco dove si annidava la follia. la follia era stare lì con te, detonante, stare lì nel buio del cinema e non avere occhi che per il tuo profilo, sentire la follia dentro gli occhi, sgorgare fuori come zampillo di passione, desiderio e fuoco, follia, follia, follia.
e ti baciai, lì, nel buio e vuoto della follia, della mia follia, della mia disperazione. fu un bacio rubato e disperato e poi piansi. la follia che mi usciva dagli occhi, come zampillo. e anche se tu non capisti niente, o forse capisti tutto, e io ti fui grato. avevi tolto il tappo, di sughero catrame e sangue, che otturava la mia provvista di follia. perché io credo, sapete, che tutti noi abbiamo una provvista di follia. tutti noi ce l'abbiamo. in fondo nascere è ricevere uno scaffale, legnoso e polveroso, probabilmente usato, pieno di alambicchi e boccette, e burette e matracci, tutti pieni di sostanze stupefacenti, meravigliose: follia, disperazione, odio e amore, carbone santo e malinconia. e noi, poveri alchimisti senza mestiere, siamo come costretti a dover assaggiare tutti i composti, tutti i precipitati, tutti i distillati di coscienza, pulita o sporca, siamo come costretti ad arrabattarci con tutte quelle sostanze e con quel poco di essenza di pace che ci tocca in sorte. e diluirla, la pace, per tutto il tempo che ci è concesso, alla fine è dura.
comunque prima di quel bacio non l'avevo mai toccata la mia ampolla di follia. credevo stesse sulla luna. o sulla luna c'era il senno?

ho guardato il mio scaffale
polveroso e di seconda mano
e ci ho trovato uno spartito
con su una musica di sonno
una ninna nanna

così ci ho perso un amore
ho bevuto la mia provvista di follia
e una pinta di birra.

sarà freddo, fuori, e niente musica struggente.

è un cazzo fritto la vita. e voi che non siete artisti, cosa ne volete sapere?

contro cosa ho sbattuto la testa oggi: la mia imbecillità.

quel che ho bevuto oggi: 3 o 4 o 5 o 6 o 7 o 8, più probabilmente 9, moretti da 66. un po' il mattino, un po' il pomeriggio, un po' la sera, un po' la notte...

la frasedelgiorno è:

"Quando si è giovani, l'indifferenza più avida, le porcate più ciniche, si arriva a trovargli la scusa del capriccio passionale e chissà quale segno di un romanticismo inesperto. Ma più tardi, quando la vita vi ha mostrato per bene tutto quello che può esigere in cautela, crudeltà, malizia, soltanto per essere mantenuta bene o male a 37°, ti rendi conto, sei informato, hai le carte in regola per capire tutte le stronzate che contiene un passato. Basta in tutto e per tutto contemplare scrupolosamente se stessi e quel che si è diventati in fatto di schifezza. Niente più mistero, niente più ingenuità, ti sei mangiato tutta la poesia, visto che hai vissuto fino a quel momento. E' un cazzo fritto la vita." (L. F. Céline, Viaggio al termine della notte)

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