gaudeamus!

mantellini, uno di il meglio nel mondo atomico e in quello di bit con due mani e due piedi ne le due scarpe, del giornalismo (coff coff) e della rete, è entrato nel 21° secolo!

eh eh. (si scherza)

update: (dimenticavo di fare i complimenti per la nuova grafica e soprattutto per il font dell’header, sicuramente azzeccato: secco e lineare ma rotondo e gentile nei punti giusti, proprio come lo stile del nostro).

casa_coppino 1.4

“Mi sveglio lentamente / non può piovere per sempre” (Tiromancino, Muove le ali di nuovo)

rientro e mi guardo allo specchio, temendo di riconoscermi. ma, niente paura, non son più io, non son più quello di ieri, non son migliore, nè peggiore, son solo qui che cerco qualcos’altro, sempre mai contento, e non mi basta quel bicchiere, buttato giù con il mantice delle emozioni. penso che dovrei star attaccato a ‘n muro tutto il tempo, tutto il maledetto tempo, scrivendoci sopra a caso qualche parola dolce, tipo la vita è come il tram. siam sempre lì ad aspettarla alla fermata.
che roba.

e me ne servirebbe un altro, di negroni.
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casa_coppino 1.3

“Mentre piscio nel bagno degli uomini, fisso una sottile crepa sopra l’urinatoio e mi dico che se vi scomparissi dentro, dopo essermi in qualche modo miniaturizzato, molto probabilmente nessuno se ne accorgerebbe. [...] Eccola la verità: il mondo sarebbe un posto migliore se alcuni di noi si togliessero di mezzo.” (Bret Easton Ellis, American Psyco)

dimenticavo. è agosto. casa_coppino è silenziosa e quindi irreale. i muri sudano. io sudo e non mi va di vedere nessuno.

ho deciso che me li taglio no i capelli. da un po’ avevo deciso di tagliarmeli, corti corti come al solito, ma adesso come adesso ho cambiato idea, mi piacciono mezzi lunghi e mezzi no, soprattuto perché adesso come adesso mi stanno su strani. mi piacciono, strani. anche perché stan su strani ma senza esagerare. propio.

“in questo condominio siamo nove appartamenti, più la portinaia al piano rialzato, più un solaio mezzo vuoto e mezzo pieno, più un terrazzo in cima alla casa, che è un po’ di tutti, ma soprattutto di rosana, che ho mai capito cosa faccia di mestiere, ma qui da noi dà lezioni di tango argentino e se c’è bel tempo se ne va sul terrazzo con i suoi allievi. qualche volta vado a sbirciare, gli spacchi che mette su rosana, e avrà pure la sua età ma ha muscoli tesi e nervosi lungo quelle gambe sempre lisce e abbronzate. lisce e abbronzate. eh.”

sarebbe un altro pezzo del coso, lì, quello con la trama. più ci penso meno mi piace. propio.
oppure no, non è male.

per fortuna è l’alba e io me ne son salito sul tetto, sciabattando tra tegole e comignoli, per darci dentro ancora con un rimasuglio di negroni, trovato appoggiato non so più dove, e mi sovviene bertrando, l’amico mio del pianerottolo, che appena qualche ora fa mi dice, nel buio della mia stanza:
“sai qual è il problema del negroni?”
“no”
“che è poco”.

come dice il poeta: le stelle sono tante, milioni di milioni, un cocktail come il negroni ti salva in tutte le situazioni…
già che sto in cima alla casa do un’occhiata alla periferia che si apre dopo la ferrovia, mi stappo una birra e immagino di essere a buenos aires, dove tutte le donne viaggiano per las calles con spacchi vertiginosi e per girare l’angolo impostano un incrocio indietro – apertura – incrocio avanti – fiocco e boleo…

“è propio vero, propio, che dal tetto si vede tutto quel che succede, si ha una visione più ampia, delle cose e delle persone. rosana che prova i passi soprappensiero, mentre stende la biancheria sul balcone del secondo piano, il sole che compare all’orizzonte, l’odore di caffè della moka di bertrando, puntuale come una bolletta da pagare, il rumore del camion della spazzatura che passa…”

(su una colonna dei portici di porta susa qualcuno ha scritto: “il cesso italia si sta riempiendo di immigrati furbi”)

casa_coppino 1.2

“Nell’autostrada della vita me ne sto fermo all’autogrill.” (Maximilien Roccam de Pasteur, Parolame)

finiti i simpson, un cartone che mi concilia la riflessione, rifletto s’un fatto incontrovertibile: cioé: io mica li so scrivere i cosi con la trama. i romanzi. no no no. c’ho provato, mica che non c’ho provato, ma niente da fare. e penso a homer, personaggio dei cartoni che mi concilia particolarmente la riflessione, e mi vien da dire: vorrà dire che son uno scrittore di genere, io. di genere.
come, di quale genere? il genere senza trama, no?
propio.
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casa_coppino 1.1

“Noi non dobbiamo scrivere della perfezione. Dobbiamo scrivere del continuo disperderci che c’è in noi, delle nostre imperfezioni, delle nostre vite, che ci attraversano e noi manco ce ne accorgiamo, della nostra memoria debole e fallace. Noi dobbiamo scrivere per ricordarci di quanto siamo schifosi e mediocri, di quanto i nostri gusti siano perlomeno discutibili e la nostra dignità in vendita al miglior offerente. Dobbiamo scrivere di tutte le nostre presunzioni, la prima delle quali è la presunzione di avere una sensibilità, di averne una funzionante intendo. Dobbiamo scriverne, certo, ma senz’esagerare.” (Maximilien Roccam de Pasteur, Parolàme)

  “io son l’ubriacone qui. son anche un po’ un guardone, ma voglio bene a tutti. ho i miei idoli pagani, son un tipo spirituale io, ma la mia spiritualità si ferma, diciamo così, al terzo piano (quello degli uomini ordinari).
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