storiella ai tempi della quarantena
esco. sì, esco. vado al supermercato piccoletto vicino casa. ché ho da prender delle cose di sopravvivenza, vostro onore, lo giuro. so no fare il pane, quindi non mi serve il lievito di birra. e manco la birra, son un tipo da negroni, io.
c’è la coda ovviamente. ci accodiamo. stiam in coda. siam civili. siam svizzero-giapponesi-stereotipi-che-san-fare-le-code con i capelli neri. siam anziani. aspettiamo. non ci fa problema, ci sembra di essere alla posta in un mercoledì qualsiasi, con tante linee gialle immaginarie che ci dividono sul marciapiede. a tratti.
è quasi l’ora di chiusura ma riesco ad entrare. le due cassiere giovani spettinate annunciano che alle diciotto chiuderanno e chi non è riuscito ad entrare, fa dispiacere, ma deve tornare domani. entro e corro tra le tre corsie di questo piccolo piccolo supermercato per prendere le cose che considero necessarie e sufficienti per giustificare i venti venticinque minuti di attesa. non son buono a far ‘ste cose. ammettolo. son proprio buono no.
quando arrivo in cassa, il supermercato è ufficialmente chiuso, è quasi il mio turno. si sente battere forte sui vetri delle porte automatiche di ingresso: un tipo in giacca, cravatta e mascherina chirurgica tira pugni fortissimi per attirare l’attenzione e urla che vuole entrare, che ha bisogno di entrare, che lui deve entrare, che è arrivato pochi minuti dopo la chiusura ma lui, cazzo, deve entrare, prendere solo una cosa, una sola cosa, e che cazzo. la cassiera, la più giovane delle giovani, gli spiega che non possono farlo entrare, hanno già mandato via diverse persone che avevano aspettato. così mi viene un’idea, mi viene da dirgli ehi amico dimmi che ti serve, te lo prendo io, poi aggiustiamo in amicizia, ti serve un pacco di pasta? un chilo di farina? un etto di lievito di birra? (di quello non ce n’è più) una confezione grande di preservativi? eh, che ti serve, amico?
è solo che mentre mi viene quest’idea il tipo in giacca parte con un’escalation di insulti che manco la crisi dei missili a cuba, 1962, batte più forte sul vetro, urla più forte alle cassiere inorridite, brutte troie fatemi entrare, brutte stronze troie, troie puttane brutte, permutazioni a piacere.
guardo le cassiere giovani sempre più spettinate, guardo il tipo fuori e decido che non mi va di esternare la mia idea in gentilezza. amico, compare, essere umano, volevo darti una mano, ché siamo ad aprile duemilaventi, in piena emergenza sanitaria, siam tutti nella stessa barca, non so se l’hai capito, ma tu l’hai capito no mi sa, tu sei una piccola testa di cazzo e forse te lo meriti di finire fuori dalla barca, non capisci, non ti rendi conto perché probabilmente, non vorrei esprimere giudizi affrettati, sei una piccola testa di piccolo cazzo, sei miope e/o limitato, testina di cazzetto, tu e i tuoi fogli excel sul portatile aziendale. come dire, in situazioni di emergenza c’è bisogno di lavorare insieme invece che ognun per sè e vaffanculo. non l’hai fatto il corso di team building?
così mentre il pomeriggio inesorabile deriva verso la sera, il tipo getta rabbioso la mascherina per terra e se ne va, giacca e cravatta sotto testa piccolina. di cazzo.
cerco di smorzare l’atmosfera all’interno con frasi di circostanza, la pazienza che ci vuole e tutto ma le giovani cassiere sono talmente sulle corde che non riescono nemmeno a simulare un sorriso nervoso. non si toccano nemmeno i capelli elettrici di stanchezza e shampoo alla frutta secca.
pago bancomat ed esco dal supermercato piccolo pensando, amico, te lo prendevo io l’etto di mortadella, il chilo di fusilli, il balsamo jojoba capelli radi, coglione. e invece.
cammino verso casa, meno di duecento metri, vostro onore, lo giuro, e penso alla gentilezza, all’umanità, al lievito di birra.
sei sveglia?
nel niente che è questa strada dove noi
abbiam poi lasciato tutto
la notte ci guarda col suo fare affari con la morte
e le crepe nell’asfalto sono rughe di vecchiaia
della vecchia città vecchia
è notte anche se non si può dire
è notte
anche se si può dire no
ch’è notte
dato che in pratica
è quasi mattina
e io ti passo accanto
o insomma
quasi
separato da quei dodici piani con ascensore
e guardo in su anche se
non li metto davvero a fuoco
la tua finestra
il tuo balcone
guardo in su
e mi chiedo se sei sveglia
sei sveglia?
sarebbe bello fossi sveglia
ti direi scendi?
sarebbe bello fossi sveglia
ti direi mi ami un po’?
sarebbe bello
sarebbe uguale in realtà
sarebbe cazzo uguale poi
chè il demone nero che mi mangia da di dentro
l’avrebbe comunque vinta
lui
cronica solitudine
un video da un’idea di davide fasolo, che non ringrazierò mai abbastanza.
pezzo che no’ viene
avevo voglia di scrivere un pezzo
ma non mi veniva
un pezzo sullo stare dietro alle femmine
e non provarci
che poi finisci nella friend zone
ed è tutto inutile dopo
dopo
loro pensano che non ti piacciono
loro pensano che sei gay
loro pensano
loro pensano un sacco
loro, le femmine,
pensano, loro
ma niente questo pezzo non mi veniva
è che ultimamente
fumo troppo
vivo a stento
scalfisco la superficie delle cose
praticamente son la polvere
faccio molta cacca
praticamente se mi cerchi in casa
primariamente
fai che guard’ in bagno
le femmine sono belle, hanno le gambe
la notte è mia amica, è bella e ha le gambe
le bicchierate hanno le gambe lunghe come vecchine nel fiore degli anni
non distinguo bene gli animali dalle persone
la musica mi piace
il negroni è mio amico ma niente gambe
le bugie, si sa, ce le hanno corte
il sole fuma troppi bidi indiani
regalati da un venditore di rose a un angolo di strada
la mia pazzia è mia amica
giriamo sotto braccio guardando le cose
io ne ho viste cose, sottobraccio alla mia amica pazzia
che voialtri invece probabilmente pure
ho visto tutte le mie amiche del cuore
fidanzarsi e sparire
fidanzate cercare di spedirmi nei pressi dei bastioni di orione
con parole in rima
e i raggi b, beh no, quelli li ho visti balenare mai
ma sai
ho comprato un anello nero
che mi ricorda tutto il tempo che è tempo di morire davvero
cerco di scrivere più che posso ma vengo continuamente interrotto
diresti che ho un difetto congenito per essere un uomo da mezza primavera
(è che mi piacciono quelle giacchette)
ho mai smesso di invecchiare
ma non lo dico in giro
le femmine comunque hanno le gambe
non puoi capire
le gambe
è tutto un così c’è pieno di gambe
gambe gambe gambe
gambe come se piovessero
gambe
anche se non è mezza primavera
questo pezzo non mi veniva
ma a quanto pare ho fatto una pagina emmezza
io so solo questa faccenda delle gambe
poi so che il nostro amore era una scorreggia del tempo
poi io una cosa ho capito nella vita:
se non vuoi portare i tacchi non li portare
le femmine che s’ innamorano di me
le femmine che s’ innamorano di me
hanno tutte le tette piccole
alcune le tette medie
talaltre le tette grosse
(la somma non fa cento, lo so)
le tette grosse, solo una
due, via
con tutto che io son uno che non guarda le tette
piccole
comunque poi loro, le femmine,
apprescindere dalle tette
che non son uno che guarda quella roba, ribadisco,
loro, le femmine,
s’ innamorano
di me
signora, non mi guardi con quella faccia lì
ché lì poi
lì poi,
lì poi è un casino
io già che son uno che, ribadisco,
non guarda le tette,
poi io son uno che non s’innamora dalla quarta elementare
il rossore
la testa che suda
i crampi allo stomaco
l’alito pesante
sa, signora, sa tutti quei sintomi lì che ti fan dire:
é amore o gastrite?
e quindi è un casino
e lei si starà chiedendo, signora,
ma come cazzo è?
ma come cazzo è?
ma come cazzo è che ’ste femmine s’ innamorano di te?
questa è un’ottima domanda
alla quale no’ risponderò,
ma soprattutto: una signora come lei che dice cazzo?
le femmine che s’innamorano di me
hanno letto tutto salinger
san sparare come un vecchio dilinger
ballano, malino, il tip tap
usano la mooncup
non saltano mai un pasto
danno indietro caramelle come resto
non smetterebbero mai di limonare
amano i vecchi film in cui si fa l’amore
le femmine che s’innamorano di me poi mi fanno dei regali
mi regalano libri che ho già letto e che riciclo
mi regalano pellicce che non metto e non riciclo
mi regalano appartamenti vista central park
e lo so che non ci crede, signora con la tinta, ma se vuole ci vediamo sulla quinta
mi regalano abbonamenti a internazionale
con tutto che avrei no bisogno
l’inglese lo so abbastanza
tipo che la frase baby you turn me on
io la tradurrei tranquillamente: bambina tu mi giri su acceso
in ogni caso,
ci son femmine che s’innamorano di me
e mangiano i cereali a colazione
signora mia,
se ne faccia una ragione
cose che mi lasciano secco
i vini con il tappo in finto sughero
vedere una targa con 000 dentro
i bambini che a cinque anni suonati non son ancora stati una volta sotto la pioggia battente
a prendersela tutta
senza pensarci
cogliere uno che mangia la pasta col pane
le femmine che usano la camera frontale del telefono per truccarsi
i tipi e le tipe che a forza di abbronzarsi non diventano marroni ma arancioni
quando dissi a mia mamma comprati un libro e lei si comprò “guida per leggere i sogni e vincere al lotto”. e lo lesse. tutto
pensare a tutti gli stramboidi che andavano a trovare salinger con delle domande profonde sui loro cazzo di problemi e venivano mandati affanculo
pensare a tutti gli stramboidi che andavano a trovare bukowski con un six-pack e venivano mandati affanculo. meno le birre
se mi chiedono se so che fine ha fatto fiordaliso
incontrare qualcuno che dice stick per dire ghiacciolo e che poi dice che ha nostalgia del calippo. alla fragola
passare ore a curiosare tra gli articoli di cartoleria
quelli che ti dicono dai poi alla fine la musica degli anni ottanta non era tutta brutta. fanno un tiro e ti citano a memoria l’intero testo di nostalgia canaglia. infine ti passano la canna e ti confessano seri: avrei voluto scriverla io stai stella stai di tozzi
quelli che su facebook hanno prima il cognome e poi il nome
guardare le auto che si fermano alle strisce solo se devono far attraversare le pedone belle.
le pedone belle che attraversando si compongono perché l’hanno capito
le ragazze con un fisico spettacolare ma brutte di faccia
sapere che stasera comunque, da qualche parte in qualche parte del mondo, bob dylan suonerà in concerto
quando mio padre smise di lasciarmi vincere a tennis. e vincevo lo stesso
le femmine con addosso le francesine tacco 12 e in borsa le paperine
i quarantenni che la notte continuano a cadere giù dal letto
quando un amico mi perdona anche se l’ho fatta grossa
quando lei ti dice sono tua, sono tutta tua
quando non faccio più manutenzione a qualcosa perché tanto so che la cambierò
oppure perché so che duro ancora poco allora non val la pena di aggiustarla e me la tengo così
certe poesie che non sanno dove andare ma son lo stesso così belle
certe gambe, certi culi
trovare ancora oggi come quando ero bambino un biscotto ringo con una faccia montata all’incontrario
come mia figlia di cinque anni si tiene di lato i capelli lunghi mentre beve alla fontanella