anna.
vi racconto di anna. (lo faccio, sapete?)
chiunque è un fantasma per me. non mi curo di nessuno, a
ben vedere. perché io non faccio altro che scriverne, no?
(dice anna)
anna, lo sai che non puoi nascondermi nulla?
per anna il massimo dell'insulto é: "presuntuoso del
cavolo".
anna si è scritta "terra" sul dorso di una mano.
si vede che ha bisogno di starsene più appiccicata al pianeta.
"vedi che ti vedo", mi dice anna per telefono, e lo so
che ha perfettamente ragione.
anna dice che non smetto di sorprenderla. ma sta mentendo. è
gentile ma mente. (rettifica: "non è quel che so di
te, ma quel che sei, che mi sorprende")
una volta ho detto ad anna: "fammi del male". e lei:
"ma non mi viene così, su due piedi".
anna sa improvvisare monologhi a raffica, come una fottuta radiocronaca.
ha un solo fatto anna, cioè che non sa stare nuda. bisogna
saper stare nudi, bisogna saper portare il proprio corpo, saperlo
portare bisogna. perché le donne si devono vedere camminare
nude per capire quel che sono. se le si vede solo tutte bardate,
vestite con scarpe e tutto, si resta poi sempre e solo fregati.
mi viene in mente di quando conobbi anna. non mi passò nemmeno
per l'anticamera del cervello di impossessarmi del suo corpo, o
quantomeno della sua bocca. eppure di questo lei mi accusò,
quella sera a quella festa in quella maledetta sala da pranzo buia
e da noi due soli occupata. la musica fragorosa copriva e si mischiava
alle nostre due voci, la penombra si mischiava ai nostri profili
e noi si giocava a farsi la corte. l'avevo trascinata lì
per parlare meglio, non certo per provarci con lei, che mi era tanto
simpatica e tutto, ma credevo avesse niente seno...
ma lei all'improvviso si scostò, e non faceva parte del ritmico
avanzare e indietreggiare durante una schermaglia amorosa, quel
balletto delizioso dei corpi che si mostrano. e il suo, di corpo,
era proprio equipaggiato con niente seno. i suoi occhi ghiaccioli
trafissero i miei. uno sguardo in tralice, anche se non ho mai capito
bene cosa voglia dire. e lo so che ci sto girando intorno, in questa
mia relazione sui fatti, che giro giro e ritorno sempre a quello
sguardo, a quel millesimo di secondo in cui lei ha perso il ritmo
dell'avanzare e indietreggiare, dello spingersi verso di me e poi
scostarsi, e poi scostarsi, e ha inclinato la testa di lato e la
penombra la spennellava obliqua. ci giro attorno perché,
vogliamo dirlo e diciamolo, francamente è l'unica cosa che
ricordo.
ecco, l'ho detto: ricordo solo quello sguardo, tutto il resto è
confuso, mischiato, miscelato, come lo stacco tra due canzoni in
discoteca, che non ti sei nemmeno accorto che ne è finita
una mentre l'altra è già partita. come questa mia
puntuale relazione sui fatti, che mi sembra più il resoconto
di un sogno.
così anna mi è entrata dentro, come si dice. non
so se vi è mai capitata una roba del genere.
chissà che tipo di erba fuma, anna.
(vorrei, a volte (ok, sempre), vorrei leggerti nel pensiero, anna,
ascoltare la voce nella tua testa nel preciso istante in cui si
dispiega, anzi magari anche un po' prima, così, per avere
l'esclusiva. sapere quello che pensi prima che lo pensi tu.)
anna, visto che io non ci ho proprio voglia, me li taglieresti
i capelli?
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