canzoni _ dK
storielle _ arsenio bravuomo

in cim'al tetto un uomo se ne sta seduto sulle tegole tra antenne e comignoli sputafumo guardandosi le scarpe. porta due scarpe destre. sembra che aspetti 'cosa. ha le orecchie tese verso una musica sord'e balorda che copre l'aria calda. guarda a occidente, poi a oriente, poi a occidente. prende un altro sorso dal bicchiere di vino cattivo, s'alza, scansa una chiazza di vomito, stende il braccio col bicchiere come per brindare al nulla, si dice che non può rimanere, scivola, cade sulla chiazza di vomito, sente la musica andare via e pensa:

mai abbassare la musica
mai abbassarla,
alzarla
sempre
la musica
al limite sfondare le casse
e correre
da sfondarsi i polmoni
salire scale a quattro a quattro
salire quatto quatto
spiare
perdendo monetine dalle tasche
fare la spia
con le mani in una tasca
e tirarci fuori i risvolti dei pantaloni
avere sempre un tetto
(sempr'un tetto)
tutto pieno di tegole rosse
alcune pericolanti
      ma sapere quali
e un'antenna a cui aggrapparsi,
una birra da bere,
un'antenna e una birra,
a cui aggrapparsi,
pensare che la vita è tutta lì
è tutta quella:
un tetto
da starci sopra
(non d'avere sulla testa, certo)
e un garage
un garage per posteggiarci gli ultimi deliri
e i delitti freschi nuovi
e i desideri speciali
quelli basati sulla birra
quelli basati sull'amore
su quell'amore che è come una porta
di cui abbiamo perso le chiavi
ma a guardarci bene
è che le chiavi
                     l'avevamo lasciate
                                                    nella toppa

mai abbassare la musica
mai abbassarla,
alzarla
sempre
la musica

“alien” [dK]

l'uomo in cima al tetto ha orecchie buone e male ai piedi. tien'in mano con fastidio un foglietto con su scritta e riscritta, tipo compito di punizione, la frase:

“qualcuno doveva aver calunniato Joseph K. perché senza che avesse fatto alcunché di male una mattina venne arrestato”.

l'uomo guarda giù, nella strada, e si rimette a vomitar pensieri:

quel che vedo
son donne
con fianchi ricoperti di mutande
fuoriuscite da pantaloni a vita bassa
e rigonfiamenti di sederi
giusto per distrarci da certe altre pianure
d'idee
giusto per ricordarci che
ci son dindi buoni a comprare le persone
e piagnistei
buoni a pompare ormoni di sangue
anche rappreso
anche sangue di seconda mano
trasfuso

io son un bravuomo
pronto a chiedermi cosa c'è che non va
ché mangiare ho mangiato
bere ho bevuto,
una sega, di oggi, me la sono fatta,
e anche se mi fa male la gola,
le braccia non mi sorreggono,
men che meno le gambe,
son comunque un bravuomo,
anche se un poco capovolto,
un rovinato,
uno brutt'e rovinato,
ma uno che ce n'è rimasti pochi
uno alle prese con le domande
uno alle prese con certe parole che gli saltano in testa
come dal nulla
come da un vuoto pneumatico
tipo
conflitto d'interessi
guerra preventiva
stradivàri

tipo
non so come faccio a esser qui ora
che son svenuto qualche momento fa
in bagno
vomitando
per le fitte allo stomaco
per le scelte che ho fatto no
per la voglia di buttarmi di sotto
ma non di scriver di perdoni
delle volte che me li son calati
i pantaloni
dei corpi di donna che ho sognato
a stretto contatto con la pelle mia
(con le palle mie)
delle volte che ho tradito
più per senso del sacrificio
che per altro
di tutti i testi di canzoni che non ho scritto ancora
ma li sento
nell'aria
dei concerti a cui non sono stato
     nell'aria
dei musi lunghi di mocciosi ammanettati
alla loro fanciullezza
al tempo che va
e io che riesco solo a legarmi ancora
queste scarpacce consumate e sporche
a trascinarmi di sotto
a calpestar i marciapiedi
a sprecar i giri di parole

“state of things” [dK]

sul tetto in discesa atterra un piccione, grigio e sporco come tutti i piccioni. sgambetta, si stira, allunga il collo, poi con un balzo si siede sulla spalla dell'uomo dalle scarpe destre. no, niente cacchine o roba del genere. il piccione grigio, invece, sembra che dica:

tutti voi
eh
perbenino
presuntuosi del cavolo
belli
o famosi
o intelligenti
mettete su famiglia
voi
vi laureate
voi
frequentate le giuste compagnie
siete socievoli
e benevoli
comprate le automobili
le usate
le lavate e lucidate
voi mettete le cinture
(per sicurezza)
voi
raccogliete e differenziate
voi che la pubblicità per carità
mapperò,
eppoi ve ne andate in vacanza
in aereo
(di sicuro)
e vi comprate gli abiti nuovi
le scarpe nuove
gioielli nuovi
televisori nuovi
microonde nuovi
e lavorate fino a tardi,
giacc'eccravatta
vi sbattete le segretarie
vi fottete il capufficio
in tailleur
andate ai matrimoni
in tailleur
tutti bardati
voi
a scuola andavate così così
ora avete
              successo
(così così)
voi che non avevate i brufoli
voi ch'avevate grasso in eccesso
m'andate in palestra
adesso
voi che, i soldi, in qualche maniera bisogna spenderli
niente,
volevo solo dire,
tutti voi:
       bravi

bravi voi
sordi alla bellezza,
al richiamo
al rigurgito
al distrofico muggito della terra sott'ai piedi
          (vostri, mica miei)
cosa volete da me?
volete il fegato, forse? (quell'è marcio)
volete i polmoni? (son bell'e andati)
volete li occhi, le orecchie, lo cuore?
(quelli mi servono ancora)
vi ho guardati
chevvicredete
vi ho fissati tutto il santo giorno
ambulare, deambulare, scricciocchiare a destra e a sinistra, rideambulare
per le vie del borgo
del centro
della città
del quartiere
del marciapiede
vi ho guardati
voi
volevo dire grazie ai musicisti agli scrittori agl'artisti
' dire grazie alle puttane
grazie ai barboni addormentati per le strade
grazie ai semafori rossi di mendicanti
grazie ai malati di aids sdraiati sui cartoni nelle vie del lusso
grazie a tutti questi che hanno l'arte fin nelle scarpe, sfondate,
nei calzini nelle mutande rotte
nelle canottiere di cotone e non di lana col freddo che fa
grazie a tutti questi che c'entrano con l'arte
perché è per loro che io so bene,
lo so per bene,
che esiste un modo per
scavalcare l'esistenza
(un modo per esserci)
c'è,
ed è questa cosa dell'arte, propio,
e sarà pure che i' so come mi chiamo
e so un altro paio di cose e basta,
ma so più che altro che ci può esser no
un giorno senza cielo nella mia vita,
perché c'è sempre l'arte,
non quella messa da parte,
ma quella che ti risuona nelle orecchie
nelli occhi
nello cuore
(sapete, quegli organi che,
mic'a caso,
mi servono ancora)

“electricity of pain” [dK]

l'uomo in cima al tetto viene distratto dal boato del passaggio di un bombardiere sulla sua testa. trova divertente fargli ciao con la mano, mentre lo fissa noncurante sganciare due o tre bombe, di quelle povere, cioé impoverite, d'uranio, di quelle intelligenti, più intelligenti di lui. ed è con tono di sfida infatti che cerca di calcolare l'altitudine dell'aereo nero, contando il tempo che passa tra lo sgancio e l'impatto al suolo. ma non ce la fa. s'arrend' e dice:

siam esseri
 (umani o no)
con gli occhi ficcati dentro
   un monitor
   un tubo catodico
   un cristallo liquido
   un plasma schermo
ci piace quel che si vede
 (o no)
 evidentemente
immersi nella realtà virtuale
senza manco averci 'n casco sulla testa

siam esseri
(o no)
   rimast'
      incantati
(vedi puntina
  di giradischi)

sarà che siam fatti di carogne
passate
sarà che ci mangiam le mani
a forza di carognate
fatte e subite
e ci premuriam solo
d'aver il posto caldo
al cinema
di aver il campo che prende
qualunque operatore teniam
   'nfilato nel taschino

sarà che il montepulciano d'abruzzo
(o una sua sottomarca in offerta al discount)
mi scorre come una dorsale oceanica
nelle vene
ma io son qui no
a farvi 'l catechismo

son qui a cavarmela
con ferramenta e sovrastrutture
son come un mondo immaginario
(ma mica poi tanto)
e, si capisce,
mi piacciono
     certi mattini balordi e catarrosi
certi mattini che svegliarsi è respirare luce
orecchiare fughe
contare sulle dita delle mani
tutte le condanne che mi mancano ancora
sapere che tutto quel che mi rimane da mettere a fuoco
           è il bianco brillante e distante
                 del sole

“brilliant white of a distant sun” [dK]

l'uomo seduto sulle tegole rosse tira fuori dalla tasca della sua giacca grigia l'edizione tascabile del libro che deve averne viste parecchie. ne guarda la copertina e lo sa, che "Morte a credito" inizia più o meno così:

"E la sarà finita, una buona volta. Gente n'è venuta tanta, in camera mia. Tutti han detto qualcosa. Mica m'han detto granché. Se ne sono andati. Si son fatti vecchi, miserabili e torpidi, ciascuno in un suo cantuccio di mondo."

le scarpe mezze alla rovescia e mezze no gli fanno male al punto che l'uomo se le toglie e le getta via sollevato, in un gesto di rabbia e liberazione. e così, scalzo, con il bicchiere di vino cattivo in una mano e l'immaginazione scadente nell'altra, urla a un cielo schiantato di vergona:

si può morir d'undici settembre, sopr'un grattacielo di mosche non ebree, sott'a un pianoforte arabo di poche pretese,
di banca mondiale, e fondo monetario, e 'nternazionale,
d'un virus ch'è mai stato visto, tipo l'HIV,
di metilfenidato o d'anfetaminosimili, se hai due anni e piangi sopra gli standard di sopportazione di tua madre,
d'encefalopatia spongiforme e bovina, si può morir,
da vent'anni a questa parte!
di povertà, perlopiù, si muore,
o di radiattività, passando per l'atollo bikini, con la muta, la tuta spaziale, in bikini, nudi, con le man'intasca, co' il contatore geiger 'nfilato su per il culo,
passando per bassora, baghdad, kabul,
(passandoci adesso oppure tra quattro virgola cinque miliardi di anni)
si può morir di papa, si può morir di kennedy, si può morir di gandhi, di coca-cola, di petrolio dentr'al piatto, di movimenti azionari, telefilm, cacche d'uccello, brogli elettorali, schede perforate, programmatori minchioni, proteine, dna venuti male, riprovati, rivenuti male, ririprovati, ririvenuti male, e così via.
e così, via.
si muore.
(di qualcosa si deve pur morire, certo, se non s'è già trapassati e ritrapassati, propio)
così spiego le braccia
e mi butterei di sotto
con certe domande sulla colpa nello stomaco
sottossopra
e mi vedrei precipitare
(per esser un poco lirico)
fra gente cieca e 'nsipida
ch'ho poca voglia di guardare

ma tirate fuor'il fiato
buttate fuori il rospo
fatelo sentire tutto
il fiato il rospo l'agonia
mostrate un po' di cuore
ve lo sezionerò
(sarò il coroner vostro)

tirate fuori quelle mani dalle tasche
e datemi la monetina
il soldino risparmiato
per permettervi un'anima nuova
ma non andate via
non andate via
dobbiam scriverne ancora di canzoni
dobbiamo ancora piegare il cielo
dobbiamo ancora esser grandi
trasformarci in esseri d'altri mondi

io di per me
questo mondo
lo lascio volentieri a chi lo vuole

a tutti quelli che
se ne faranno una bara di grettezza
sulla balaustrata della loro moneta ricchezza
per appoggiare ogni sera
la loro sorda monotonia