"ma perché non vai dal medico?" e che ci vado a fare,
non voglio mica smettere di bere e di fumare...
(sergio caputo)

coinquiline

- voglio scrivere un romanzo su di te, muliera mia, coinquilina e donna completa fatta e finita, con tutte le tue precisioni, perfezioni e robe intoccabili.
- eh.
- ...
- quindi?
- eh, niente, scrivo 'sto romanzo su du te, così ti faccio fumare una canna, nel romanzo, ma non di fumo, di maria, propio, e faccio che ti tocchi continuamente, nel romanzo, eh, e dici le parolacce, e viaggi nuda per casa, eh? 'he dici?
- dico: perchè non te ne vai al diavolo?
- uehi, stai calmina, stai solo calmina, che ti faccio morire, nel romanzo, neh!

ringraziando il direttore

(dell'hotel messico, certo) vi rendo partecipi di una massima spassosa, squisita e delicata, recuperata da un libercolo cartaceo che l'uomo direttore, in preda a dolori lancinanti tipo parto di dente del giudizio (dolori attenuabili come da profilassi dei dottori di cui lo stesso direttore parla dalla sua capopagina) ha consigliato all'uomo bravuomo. indugiando no, eccola quassotto:

"... e poi perchè la Fina è una donna, cioè un buco, e se non ti aggrappi ai bordi finisci risucchiato, inghiottito dal vuoto."
(Pablo Tusset, Il meglio che possa capitare a una brioche, Feltrinelli, euro 7,50)

un aforisma, oserei dire, degno erede del famoso "le donne? un buco con la carne intorno".

ora: è chiaro che tutto questo lo posto con fare sorridente e scanzonato, è altresì ovvio che non considero le femmine della specie umana come meri oggetti sessuali o delle non completamente riempite macchinette sputaparole a mitraglia, e infine, non voglio solo fare dell'umorismo da spogliatoio maschile. è chiaro.

credetemi.

coinquiline

- cosa fai, 'desso, cos'è che prendi tutte 'ste pillole e pillolette, e il mestruo e l'emicrania, e l'antiquesto e l'antiquello... drogata!
- alcolizzato!
- ah già...

finalmente, e così sia

quello che è successo per musica e film sta per succedere per i libri. appena questo aggeggino arriverà sul mercato e nasceranno altri dispositivi simili, tanti saluti ai libri di carta, con mio sommo gaudio, e di certi alberi pure, credo.

così finalmente potremo liberarci dallo scassamento di cazzo di editori, intermediari, leggi di mercato e varie ed eventuali, per far entrare anche la scrittura nel mondo "libero" (free as in free speech, not as in free beer). così potrò portarmi in giro tutti i libri che voglio, che ho regolarmente acquistato, o che ho liberamente scaricato dalla rete, visto che i miei scrittori preferiti metteranno a disposizione le loro opere liberamente su internet (tanto, come ci ha detto il buon tiziano scarpa a napoli un mesetto fa, con la scrittura non ci si campa mica). così potrò aver sempre sottomano i meglio scrittori del passato (dosto, bernhard, salinger, fante e buk per primi) e del presente (non sto a far i nomi che poi qualcheduno di mia conoscenza si monta la testa, ih).

naturalmente le aziendone preoccupate degli introiti ce la meneranno con formati proprietari e balle varie, ma alla fine il software libero e aperto avrà ragione, se non altro per la potenza culturale che si porta appresso.

viva la scrittura libera!
(abbasso la siae)
viva chi scrive!
viva la scrittura di tutti per tutti con tutti (amen)

coinquiline

- cheffai, ih!, coinqui-mia, ti metti a parlare con le piante adesso?
- eh be', se parlo con te potrò pure parlare con le piante!

noi, umanamente,

noi si vive a diverse altezze.
chi vive più su, chi vive più giù.
chi vive medio.
poi, non ci si crede, l'altezza, ci dicono, dipende da noi. cioè, siam noi, poi, che si decide l'altitudine di vita. della nostra, propria, vita.

bel casino.

poesia

gran turismo d'agosto
  gestito a missili colori
e cònati
  dietro spalle grigio buio
di gòmiti
marìti

di marzo virgola véntitrè

m'accorgo che mi scordo sempre quant'è bravo il maestro e quanto mi piace quando sbaglia le parole mentre canta, o se le dimentica proprio e emme emme emme mugugna qualcosa a a a, e giù un sorso di negroni (okkèy, lo so no se capossela beve negroni ai concerti, so solo che il liquido del bicchiere 'poggiato sul pianoforte è in genere viola chiaro).

poi passano certe coinquiline qui dalle mie parti, o conosco certe gine perse, o passano coinquiline passate, a parte, come il condimento di certe insalate in harry ti presento sally.

m'accorgo quanto sia bello scrivere, star qui a scrivere. dovrei far altro no. mi chiedo come faccio ' star lontano dal' scrivere. viaggio gonfio di computer portatile, si sa mai, dopo lo scrivere volessi impaginare, gonfio di taccuino, a righe, anche se ' me mi piace di più a quadretti, non come certi altri scrittori toscani beventi, che son squassati peggio che i barboni e gli tocca di scribacchiar su quel che trovano, pacchetti di sigarette, biglietti del treno, retri di cicles, mani, polsini di camicia, o, spero per lui, risvolti di reggiseni (pensate: stai lì con una, 'rmeggiando col gancetto del reggipetto e glielo strappi via che lei gorgheggia ma poi lo usi per prenderci appunti, lasciandola gorgheggiante, poverina, per niente, chè prender appunti vuol dire a volte metterci del bel tempo, nel senso, lungo, e addio fiki fiki. ma pensate quando poi lei realizza che il reggiseno potete no ridarglielo indietro, ch'è tutto scritto e riscritto e si vedon i ripensamenti, pensate a un modo per filarsela. comunque, se proprio volete saperlo, viaggiate sempre con un pennarello che scrive sul tessuto, si sa mai rimaneste a corto di carta).

adesso la pianto e prendo e scrivo un altro spettacolo da portar in giro. prenotate il vostro pub preferito, il bravuomo vi brama.

la camera migliore

m'entusiasmano questi con lei che tiene la voce uguale a carmen consoli, ma meno estrema, meno esotica, più equilibrata, e cantano cose come:

ancora sei sveglio
aspetta, aspetta,
ti do un cavallo pazzo
corre, scalcia, è geniale
fiori che si spargono
   per strada
correrai veloce
  veloce

punteggiatura

le domande, le domande, siam tutti pieni di domande (e basta, oso dire, solo domande, quanto a fabbricar abbozzi di risposte o muoversi una volta senza pensarci bene propio: boh no, più no), e giriamo con questi puntinterrogativi appesi al naso, penzolanti, con i puntievirgola al posto delle labbra, sospese nel porre questioni non finite del tutto, domande a quarti, a tranci, domande sulle domande, ma siam felici d'avere i duepunti al posto delle mani, come a chiarire che siam lì lì per chiederci qualcosa, che cosa?, con una virgola come riporto, di capelli, perduti nell'interrogarci, darci voti, rimandarci a settembre, debitori di noi stessi, e in tutto questo viaggiar irrigiditi dai treppuntini che ci precedono e ci seguono, ce l'ho io una domanda: devo starvi a dire, propio, dove ci hann'infine 'nfilato il puntesclamativo?

ADDENDUM: e riflettendoci, è vero, siam un popolo preso all'amo e trascinato. infatti mi scrive cattiveinclinazioni:

Già, ma il brutto arriva dopo, quando t'hanno infilato il puntoesclamativo e poi te l'hanno trasformato in puntointerrogativo, e la' sono veramente cazzi...

di marzo virgola sedici

E' on-line il nr. 49 di
CARTAIGIENICAWEB
[ undergroundZINE ]
Magazine mensile indipendente
In formato html e pdf!!!

coinquline

- secondo te, nella vita, è meglio avere un bel culo o tanto culo?
- tanto culo.
- ah, un culone!

- ma te, te propio, preferisci il dildo o lo strap-on?
- che cos'è che è lo strapòn?
- ah, ' capito.

di marzo virgola otto

t'ho starnutito addosso tutto il mi'amore
fazzoletto della mia vita
ma basta no il gran muco prodotto
da una centuria d'elefanti mocciosi
' riempir le balze aperte
del tuo cuore
(orgia d'oppio)
   sparse almeno il doppio
e certi petali di profumo portentoso e musicale
peggio di quelle giornate perfette
di confetti e pane frugale
fregato in qualche lupanare
ma spogliati tutta, pagnottòna del mio belare
resta con solo addosso
un ciuffo di peli sopra
quel mio sempre storto sberlicare

di marzo virgola sei

sei mai stata innamorata in maniera impotente
in maniera adolescente
hai mai munto ginocchia
versat'i gomiti sull'insalata
giocato a legger poesie di sanguineti
contro ungaretti
cinque-a-tre
per adesso
(c'ho in serbo nostalgia)
per poi dire
tanto io tifo montale

tanto ti monto sopra
fin'a sfiancarti da tutte le parti
e vatti a chiedere perchè
con quella scollatura poi ognuno ti guarda negli occhi no, oppure sì, negli occhi grandi, ti guarda
ti fissa,
non si stacca, come io
vaccàro
attaccatto al latte dei tuoi polpacci sottili, sottostanti sottoponenti sollevanti bizantini
polpacci
bovàro, madama mia,
(e me n'invento di cose pur per dirti come t'amo)
(di quel tanto)
(da non dire)
(quasi)
(quasi l'amarti fosse legger sanguinet'insieme
   m'appoggiami la schiena pure, muliera, addosso
  adesso
     adagio)

produco muco, mentre m'induco cadùco e zozzo
d'un abbozzo rozzo e intermittente
a scriverti appena una riga
pressocchè decente
te ch'hai mandato a memoria tutti i miei odori
e sapori (e fetori se non erro)
ma per adesso di per intanto fai che balliamo su tiziano ferro
affianco
delle parole infartuate consensuali
buttate alla ribalta rivoltata circoscritta e maledetta
stile certi nostri segreti commensali
e lo so che sei di tra i pochi
che se la piangono su due versi
cacciati fuori ammodo loro
di quei strofinapagine da strapazzo
che come cazzo le loro robe suonano
io son capace no
(ma mi si spreme il cuore
' guardarti avviluppata addormentata mezza
    (e mezza no)
)

di marzo virgola due

chissà cosa
mi manca più di te,
se il sorriso di cui ti faccio l'imitazione sbilenca,
o il tuo ballare (bene) inaspettato
o cosa,
se come mi traduci dal greco conosci te stesso
tuttte le volte in modo diverso,
o se mi manca quando si camminava
  (quanto si camminava)
'ttaccati per la mano,
e morivo se non ti davo un bacio
giusto di su per la bocca
(e all'epoca te l'ho dato mai)
(ma quante vite ho?)

se mi manca quando
mi rimproveri
del mio parlare con le battute, alla fine
del tuo non poterti spiegare le bevute
che se anche la piantassi di scorreggiare
che se non sparissi certe notti nel divagare
infantile e sordo

finisce che
   con te
mi manca di far la mia,
correrti incontro nudo nello scompiglio
dell'amarti come fosse una pazzia
di volerti riempire la pancia con un figlio
(maschio, please)
o sia come sia