ballata per monsieur strelnikov

lo conoscevo quel toscano
lo si chiamava strelnik
e come ballava!
come ballava
ciucco di scrittura
e baffi di spuma di birra
capelli sfasciati di bar
scarponacci neri pesti
e calzoncini gonfi di sigarette e telefoni scassati
faceva capriole e balzi per noi
faceva che s'andava a be'
con noi

l'incontrai giù per i murazzi del po
su per casetta mia
m'insegnò a brindare guardandosi per bene negli occhi
parlò di come si fa a esser sbronzi
scrivendo sobrietà e parlàte amare
di come si può rider di tutto

mi disse al telefono
son monsieur strelnikov
e i' piansi d'emozione
gioia e privilegio
parlò come s'accennasse passi di danza
di tribale conoscenza
d'arcana amicizia
mi chiamò fratello

l'ho visto danzare
monsieur strelnikov
e parlare per ore
incantare
incatenato a qualche femmina
disperato nella voce
con le lacrime appes'alle vocali chiare
pronto a esser loquace
anche in prigione
anche in fondo al viaggio senza fine

così ora lo s'incontrerà
giù per qualche baretto
(ché noi si beve un po')
e s'appena accennerà a muover
'l bicchiere
ratto a prendern'un altro
gli si chiederà ancora
e ancora
danza per noi
danza per noi
monsieur strelnikov
danza per noi
(con le tue parole)

(liberamente arsenizzato da mr bojangles, di nina simone)

da William Shakespeare, Hamlet

i' ho ultimamente,
ma come lo so no,
smarrito tutta la mia boria,
lasciato perdere ogni uso d'esser pratico
e merdaschifa
va tutto così pesantemente
quel che faccio e disfo
che pure 'sto bel quadretto di mondo
mi pare 'na sterile crosta.
e il miglior cielo canopo
guardate, 'sto stupend'appeso firmamento,
il magistrale tetto fregiato infuocato d'oro,
chessaràmmai,
pare nien'altra cosa a me
che una folle e pestilenziale congregazione di vapori.
ma che gran bel lavoro è un uomo.
che nobile è con la ragione,
che infinite facoltà ha?
nel ferm'immagine, in pianosequenza com'è bravo,
com'è ammirabile
sembra un angelo, propio,
discerne come un dio, propio.
è la bellezza del mondo,
propio.
il paragone degl'animali, 'sto uomo.
epperò, a me,
chemmefrega di questa quintessenza della polvere, eh?
chemmefrega.

mi piace no, l'uomo.

sputare sangue su una luna camorrista e troia
(ispirata a "Espettorazione di un tisico alla luna"
di Gian Pietro Lucini)

senti bene,
faccione dei fancazzisti
poetastri
imbrattacarte
scrittorucoli
papponi,
mezza falce e niente martello,
trucco per cuoche guerriere
e più altro dico no, sennò,
senti bene,
ho fatto che crederci
al tuo startene come una patacca di sugo alla besciamella
in mezz'al cielo notturno
ho creduto da vero furbacchione
che bastassero due o tre parole sul tuo pallore assorto
per trovar da scopare la sera
dopo un intero aperitivo a berciare dietro una bionda
tinta
e di destra

ma ora ne ho a basta

t'ho guardata sputando sangue
(o era vino?)
insieme alle poche parole rimaste al mio lessico
ridotto ai termini minimi
(senza strazi da vocabolario
o parolacce (nel senso buono)
o altarini)
ma eri grossa come un ospedale, te,
l'altra notte che svenivo
e vomitavo, sangue o vino o bile,
sarà che son malato, d'amore,
ma mi faccio ricoverare no
piuttosto divento gobbuto
compresso e cagoso
ma non te la scrivo un'ode
nè a te
nè alla bionda dell'aperitivo
(almeno però gliel'ho scroccato)

stravaccato svenuto sul fango di una strada
nel freddo della sera
t'ho guardata emigrare
verso il giorno dopo
luna
e t'avrei tirato un sasso forte sul naso
unica femmina presente al mio stare male
e bastarda
e troia
e schizoblefarica
(stile fica)
ma t'ha protetta quella nuvola
peplosa e taglieggiata
dov'hai ficcato il tuo didietro

adesso fai che andare, va',
io resto ancora un poco qua
sdraiato sul mio fango personale
a riflettere
i passanti
le vergini e le deflorate
i masochisti e i giovani impotenti e smidollati

solo piantala
stronza inviolata
con 'sta storia che t'han calpestata gl'americani
un giorno
tanto tempo fa

ispirata a "She Don't Hear Your Prayer" dei Cousteau

"senti fratello, mettila via la sputafuoco, già ci siam passati indenni in questa brutta storia, lo sai, più le cose cambiano più si diventa come una pietra, si resta soli, ci ammazzeremo a vicenda, ma insomma, lo sai, lei è più di una donna, una donna, lei è la meglio donna che puoi trovare, ma quando passa ormai, anche se ti sembra no la sua pelle e i suoi capelli, quella non le sente più le tue preghiere, e comunque, guardala bene, non sono più i suoi occhi, sembra tipo come ammalata, sarà questa la luce, e ti confesso, fratello, mi gironzola nella testa un motivetto idiota, ma vorrei che fosse lei, o meglio, vorrei essere morto, probabilmente, cosa ci rimane, quest'amori suicidi, tanto lo sai, le guerre si vincono mai, finisce che cerchiam poi modi complicati per mettere bende al sole, e non metterti a pensare cose tipo non abbiamo rotto, è solo una pausa di riflessione, questo modo di fare t'ammazzerà, fratello, fa' solo che respirare aria, io me la caverò con poco e tu cerca, alla fine, di starne fuori, da questa brutta storia..."

molto liberamente ispirato a "The Piano Has Been Drinking", di Tom Waits

"il pianoforte deve aver bevuto
in questo schifo di locale
la mia cravatta non fa che dormire
il checcazzoneso se n'è tornato in città da solo
quel giradischi ha una perdita
la moquette ha la barba lunga
i riflettori mi fan sentire in cella
il telefono m'è rimasto senza sigarette
e quel soppalco è tutto un brivido
ma il pianoforte deve aver bevuto
deve aver bevuto, il pianoforte

e i menù son tutti congelati
l'uomo-accendino è cieco da un occhio
   e con l'altro non è che ci veda granché
l'accordatore ha bisogno di un otorino
ma si è fatto vivo con sua madre
è il pianoforte che deve aver bevuto
deve aver bevuto

c'è il buttafuori
tipo come lottatore di sumo
    versione merendina
e il padrone del locale
è uno a corto di cervello
con il QI di un palodellaluce
ma dev'essere colpa del piano
ché s'è messo a bere forte

poi non riesci a trovare la cameriera nemmeno
   con un contatore geiger
e lei odia te e i tuoi amici
ma senza non puoi essere servito
la biglietteria sta sbavando
gli sgabelli scottano
i giornali danno di matto
i posacenere son spariti
perché è il piano che sta bevendo forte
ma io no,
mica io,
no, io,
no"

ispirata a Charles Baudelaire, Le spleen de Paris - 1864

"S'ha da esser bevuti sempre. Quest'è tutto: l'unica questione. Per sentir no l'orribile peso del tempo sulla nuca, che poi viaggi piegato in due, s'ha da rimaner bevuti senza tregua. Bevuti, ma di che? Di vino, di poesia, di pregievolezza, fate voi. Ma ubriacatevi. E se qualche volta su un cazzo di marciapiede, in cima a un fosso verde, o soli soletti nella vostra cameretta, vi risvegliate, e l'ebrezza scema o se ne va propio, mettetevi a chiedere al vento, alle onde, alle stelle stelline, agli uccelli, agli orologi, a tutto quello ch'è stato, a tutto quello che rotola, a tutto quello che canta, chiedete loro che ora è; e il vento, l'onda, la stella, l'uccello, l'orologio vi risponderanno: "E' l'ora di bere!"
Per non starsene sotto i piedi del tempo, siate bevuti sempre! Di vino, di poesia o di pregievolezza, fate un po' voi."