più alta in grado

rimasto a corto di parole
d'una donna ' cui tornare
d'un butch kassidi con cui scherzare
un cavallo di ferro da oliare le settimane dispari
due baffi alla sundance kid
la bombetta sulla testa
   il mercoledì delle ceneri
così racconto balle a una tipa
nomata etta,
diminutivo di qualcosa o anche niente
lo ricordo mica
(chiedete forse al mi'amico gin)
e le dico serafico e sostanzioso
  no che ti leggo i tarocchi no
  chè tu sei più alta in grado di me
  in quanto a energia psichica
eccetera

poi resto solo a metter musica

libri di polvere lasciata stare lì

passare per la mia solita libreria non-di-marca, andando a ficcanasare nel mio solito scaffale dei libri sfigati, sapete, quelli che per tirarveli fuori i commessi litigano su chi l'ha spostato dove, per poi controllare cinque volte sul programma per dos che usano come gestione magazzino che il libro ci deve essere. infine ve lo tirano fuori, il libro tutto nero di polvere, qualche volta sgualcito, o no.
'spettare mi trovino un libro di gombrowiz, un tipo polacco (o qualcosa-tipo-quello), e trovarsi sotto degli occhi, nel guardar veloce e ramingo, un titolo che ti sembra fantasmi e fighe e allora lo prendi, poi quand'esci scopri che si chiama fantasmi e fughe, maledetto algoritmo d'interpolazione del riconiscimento visivo.
ritrovars'in mano un libro di mozzi, giulio.
'desso poi sembra che mi sia accanito su questo scrittore di marca con gli occhiali a lenti fotocromatiche, ma no, prenda pure i treni che vuole. faccia lo spot alle ferrovie, ' stile celentano qualche anno fa.
no, mica lo faccio apposta. io ci provo davvero a leggere questo libro di storie (è il sottotitolo, sapete, ancora non si capisse, ih). ci provo dall'inizio alla fine. ci provo con il metodo spizzichi e mozzichi. ci provo dalla fine all'inizio. finisce sempre che metto su lost in translation, e mi verso ghiacciato un pezzo di negroni.

(pensare che bello sarebbe trovare casa nello scaffale dei libri sfigati che manco i librai si ricordano più, di tra in mezzo le edizioni fernandel e qualche povero castelvecchi).

muliere

- minchia, muliera, hai visto che culo quella... guarda! e due tette così, ma la stai guardando?
- ...
- chissà se si depila tutta...
- non so quando, ma credo d'aver sbagliato qualcosa...
- perchè, muliera mia?
- perchè non mi ricordo di quando sono diventata un tuo balordo compagno di naja!

muliere

- muliera mia bella e sopraffina, stasera usciamo, muliera delle mie sante gòmene, per una volta non potresti vestirti come dico io?
- sarebbe?
- mah, potresti mettere quella gonna nera con lo spacco inguinale che ti ho regalato per il compleanno, poi quel top aderente e scollato che ti ho regalato il natale scorso, e quelle scarpe coi tacchi alti che mi piacciono tanto...
- quelle con le zeppe che hai rubato nel negozio di roba usata?
- sì sì, quelle! non le metti mai...
- certo... poi mi dici anche quanto devo farmi dare per un bocchino?

bravadonna

sapete quelle mattine che t'alzi, vai a pisciare e dal tuo cosetto sale su un odore di pesci marci, così capisci come ti sei addormentato la notte prima, e che dovrai darla una ripulita al divano, l'aggeggio sul quale dormi da quattr'anni e forse più, troppo corto lui e troppo corta la coperta, che qualcosa lascia sempre fuori (grazie che poi ti si paralizza la faccia).
comunque: oggi, stamattina, ' una di quelle mattine.

' pranzo mangiucchio salatini, pizzette e strippole, incartati nella carta stagnola, gli avanzi di un vassoio da sette chili che quella bravadonna di mia madre m'ha fatto trovar in casa due giorni fa. era il mio compleanno. la poverina sa che i dolci io, no grazie. che bravadonna!

per festeggiare, dal giorno prima fino a oggi compreso, e visto l'andazzo, continuerò così, mi sono regalato una settimana senza scassamenti di cazzo. in pratica: ho spento il cellulare. ho abbassato la suoneria del telefono fisso. ho disattivato il citofono. ho cambiato la serratura. ho speso un capitale in travestimenti, nasi e finti occhiali da sole.
ho stappato qualche bottiglia di bardolino, marca bolla e marca sartori, e ne ho travasato il contenuto in tante bottigliette di plastica di acqua s. andrea naturale, debitamente svuotate. così, per portarmelo appresso, il bardolino, da bere. ' chi mi chiede, dico che è tè alla pesca molto forte, poi rido sguaiato stile shining. (si facessero i cazzacci loro).

il festeggiamento è continuato con una pira degli ultimi libri_che_ho_comprato_e_già_so_che_mai_leggerò. m'ingombravano la libreria. era da un secolo che volevo farlo, fare questo rito sacrilego d'infiammare un accrocchio di carta che non infiamma con le parole sue. (sì, sì, c'è giulio mozzi, lì in mezzo). poi pulire è stato un guaio.

ah. visto che ho scoperto il buon vecchioni uscirsene con un disco nuovo, prendo e me lo compro, alla faccia di tutti quelli che mi vogliono male, e bene, e così così.

(in tutto questo tempo ho tenuto in loop il divx di "lost in translation": dialoghi minimi, musica grippante)

per completare i festeggiamenti, mi taglierò i capelli a zero, mettendo in mostra un bubbone enorme che ho sulla destra del mio capoccione per nulla bello da guardare (il giudizio non è mio).

nel frattempo quella bravadonna di mia madre soffre e s'offre di stirarmi le camicie, da in piedi sul pianerottolo di casetta mia, e io "oh madre: ma ti sembra ch'io vada in giro con le camicie stirate?"
"mettiti un poco in ordine, su" mi dice, sudando di preoccupazione. così l'apostrofo: "donna! torna al tuo focolare domestico e stira le camicie del vicino, se vuoi. io di per me, ho da fare". le sbatto la porta in faccia, con il mio solito flavour figlio innaturale, poi mi stendo sul divano, chiudo un poco gli occhi e con dolcezza fa che parte, la mia mano.

' me, tiziano scarpa, mi sta sul cazzo*

a napoli il giorno di san valentino s'è andati per sentir parlare certa gente su come cambia la scrittura sulla rete, per colpa dei blog. già, qualcuno dice cambia, qualcuno dice ma va', qualcuno dice così così.

io tutt'il tempo ho fatto altro no che guardare daria bignardi seduta dietr'a me. aveva le calzette a striscie orizzontali. colorate. mi sono accorto, certo, che sul palco a parlare c'erano luca sofri, tiziano scarpa e giulio mozzi. poi c'erano la pizia e personalità confusa, che da ora in poi si chiamerà personalità famosa.
fra tutti, per dirla à la cèline, ne han dette cose. mica han detto granchè.

(daria bignardi, dal vivo, è bella bella. luca sofri, meno. dal vivo.)

poi c'erano i blog minori. seduti sulle scale. sempre 'st'atmosfera tipo asseblea d'istituto, codesti bloggers.

giulio mozzi, d'ora in poi solo mozzi, ha detto cose condivisibili, ha parlato quantomeno con cognizione di causa. ha parlato dell'immediatezza della scrittura "postata", rispetto a quella ultrameditata "da romanzo". ha dato una notizia: secondo le sue stime i blog attivi non son più di cinquecento. cioè aggiornati abbastanza da non considerarli zombie. boh. ' dire che splinder ne denuncia quarantamila.

tiziano scarpa. d'ora in poi tiziano scarpa. (vabbe', solo scarpa).
' scarpa gli han dato la parola ma lui si è autorimandato a più tardi, con voce grave e sofferta. trascinata. s'è mangiato un po' di unghie, sputacchiandole in mezzo al suo moleskine. tutto molto letterario. quando poi ha tenuto la sua arringa, più tardi, (taormina dei miei gambali da pioggia) ha fatto altro no che cercare di riempire i vuoti delle sue stesse pause teatrali, miiioooo-diiiioooo. tutti meno uno, ch'è stato riempito da una battutina, quasi detta sottovoce, ma nel silenzio che s'era creato ha risuonato per la sala colma, ridicolizzando l'intero castello del suo pensiero, guardiano della soglia compreso.

complessivamente i due scrittori di marca non mi son piaciuti tanto, visto che, complessivamente, stavan poi lì solo a dire quanto son bravi loro e gli altri boh, che treni avevan preso, quanti
bravi loro, cosa gli devo dire?

però poi nessuno ha parlato di libertà. ce n'è bisogno adesso, qua in questo stato svenduto, di parlar di libertà, di ricordarcene, di prendere i pochi spazi e usarli, di libertà. sapete, la libertà, una di quelle cose, pare, che c'entra con la costituzione. scarpa ha accennato qualcosa parlando di blog come arma, ma solo un accenno propio. e infatti per di più m'è sfuggito.

però poi nessuno ha parlato di liberazione. nel senso che possiamo bellamente liberarci di intermediari, speculatori, mastri di chiave. dalla musica in su. scarpa se l'è menata col guardiano della soglia, ma s'è dimenticato di dire che gli editori spesso sono un collo di bottiglia della circolazione della letteratura, con le loro idiosincrasie o necessità economiche.
(poi noi dovremmo fidarci degli "editori", quella categoria di gente che da una parte pubblica avoledo e ammaniti e dall'altra ha permesso che john fante non pubblicasse uno straccio di romanzo per vent'anni).
' ogni caso, i' ho letto più bella scrittura sui blog che su tutti i libri usciti ultimamente per le varie case editrici, grosse o piccole che siano. c'è molto talento in giro (e mozzi un po' l'ha detto questo), e mi piace l'idea che questi talenti siano liberi e fruibili e che si possa avere un contatto con loro e.

però poi nessuno ha detto che non è vero che davanti alla scrittura blog si è davvero soli (cioè, detta breve, non c'è manco più l'editore che ti fa da rete di salvataggio). questa trovata di scarpa è proprio una gran cagata. si vede che non conosce il mondo della rete. in rete tutto è partecipato, tutto è condiviso. la conoscenza, la scrittura, i modi di produrre l'una e l'altra. l'editing ce lo facciamo tra di noi. in rete nessuno è solo, tantomeno chi tiene un blog, visto che significa molto probabilmente finire in una rete di conoscenze che si struttura per affinità elettive, per sensibilità e gusti, soprattutto scribacchini. tutti solo a parlare di esibizione dell'ego, dell'io, dell'es (e magari pure dell'ex).

apro parentesi, non è che sto dicendo robe originali. 'ndate da mantellini e le trovate scritte meglio. in ogni caso chiederò a b.georg di passarle nel suo meraviglioso tritacarne epistemico, per renderle coerenti e concludenti, chiudo parentesi.

però poi nessuno ha parlato della gratuità della scrittura, in senso di dono, di regalo. forse qualcuno c'ha provato ma je venuto proprio male, propio.
niente compravendita, niente soldi di mezzo, godi della mia scrittura se ti va, altrimenti fila via che talento ce n'è a bizzeffe, a coriandoli, a ufo, a scacchi, a torri di hanoi, a pile di materassi, a montagne di popcorn, a 'mmucchiate di bisessuali, a iosa.

come dono.

(tanto più che gli scrittori di marca ce lo dicono loro: con la scrittura non ci campiamo mica, noi alziamo il culo la mattina e andiamo a fare il lavoro d'ufficio per il novanta per cento del tempo, lo sa scarpa, quant'è dura. ma allora! perchè devo pagare un libro dodici euro, se poi all'autore ne va una miseria? preferisco dargliene cinque, all'autore, ma non per comperare il suo prodotto, piuttosto per dargli supporto, come faccio con le band quando vado a sentire un concerto, più o meno)

(chè poi, ' me, l'idea dello scrittore con quindici lettori in totale, non in senso metaforico, mi piace forte!)

e vorrei finirla qua, dicendo che se la scrittura cambia nella rete, son contento, perchè acquista le dimensioni proprie della rete: condivisione, collaborazione, rispetto degli altri, invenzione di codici di comunicazione e quant'altro. ma non la finisco perchè posso no non far notare che doveva venircelo a dire mianonnaincarriola che a scrivere ci si diverte, aedi del ventunesimo secolo che non siete altro!

:o)z

* precisazione: ' me tiziano scarpa mi sta sul cazzo non per quel ch'ha brontolato a napoli l'altro giorno, dimostrando tra le pieghe della sua performance, la sua totale mancanza di senso dell'umorismo. è ch'ha tradotto un volume di poesie per minimum fax, d'un certo charles bukowski, che se non si rivolta nella tomba è solo perchè è intento a vomitare a pancia sotto per il vino, pestammerda scarpa e quando gli han passato 'sto lavoro di traduzione venuto un emerito aborto illegale transgenico del cazzo.

noi si beve per rientrare
nella fratellanza dei bevitori
in contatto
con la forza
che ci unisce
noi bevitori
com'ebbrezza
e finezza
del sentir le vene
piene d'universo,
e vino, certo,
pure il vino

noi si beve per ritrovarci
piano piano
tutti alla stessa tavola
imbandita de' nostri cuori
colmi di mondo
e donne, anche non da favola,
che ce l'hanno presi in ostaggio
i cuori
(ma il mondo no)

e noi si beve per restare
uniti nel nostro segreto contagio
d'alzare il bicchiere assieme
guardandoci negli occhi
(distanti chilometri lunghi come nott'in treno)
e brindare 'i nostri risvegli non risvegli
o l'idea d'aver pianeti d'avanzo
' le nostre fisse
sui supermercati a forti sconti

così poi in questa mia notte senza posa
io so che bevo
per tornare a casa
per risentir con la schiena
il pavimento mio domestico
per cercare d'essere ancora un giorno
all'hotel messico