1.5

m'ha suonato bertrando, l'amico mio, e m'ha investito con tutto un discorso sulla fottuta biografia di salinger (il corsivo è suo).

nessuno m'ha mai convinto del contrario: io vivo in un mondo fatto sostanzialmente di domande, di domande poste male. e fin qui. il problema son le risposte. le risposte del mio mondo son date tutte, sistematicamente, a caso.
vivo in un mondo così. (è che ho appena finito di vedere i simpson, cartone che mi ispira la riflessione, filosofica propio)

pensavo che si scrive sempre degli sfigati. certo. perché lo sfigato fa buon sangue, è buffo, in fondo, poi fa pena, risveglia gli istinti materni. se in una storia vuoi metterci un po' di pena, mettici uno sfigato. insomma, lo sfigato va su tutto, come il nero. lo sfigato s'intona.
io son sempre stato bello, di un'intelligenza lucida e superiore, circondato di amici e amiche, di ammiratrici e ammiratori. son sempre stato amato, e lo sono tuttora. tutti, invariabilmente, hanno un'opinione altissima di me, mi stimano e mi sopportano anche quando ho quei piccoli momenti di crisi. a scuola son sempre stato il meglio del meglio, il meglio che c'era, il primo in tutto, senza essere pedante o lecchino o antipatico.
e ora qualche furbacchione starà pensando chepperò in fondo in fondo anch'io devo avercelo qualche problema e che qualche manchevolezza deve appartenermi. che insomma, come in tutti i film, poi son sempre preferibili gli sfigati.

e invece no. son preferibile io, e potrei andarmene avanti per ore, ma ora lo ammetto che sto prendendovi per il culo. eh eh. per il culo.

mi telefona anna, mi sembra triste e le chiedo "ma sei triste, patacca?", io la chiamo patacca.
"ma sì, ma no, ma è che oggi... oggi proprio non sprizzavo..."
"ma dai, dai, non è che uno ti tiene per gli sprizzi. lo sai che ti tengo per le tette..."
"lo sai che sei proprio uno stronzo?" mi dice sospirando chiudendomi il telefono sulla faccia, ma la sento, che mi apostrofa presuntuoso da strapazzo, mentre sbatte la cornetta.

questa anna pensa che può chiudermi il telefono sulla faccia solo perché qualche volta avremmo pure copulato. che roba.
(a ripensarci: può, eccome. propio.)
appunto mentale: "anna: una donna allo stato brado..."

anna sei la mia patacca, sei la mia macchia, sui pantaloni, preferita,
una macchia di maccheroni, con la fonduta.
(poetavo)

ma, propio, questa interruzione telefonica non mi distrae dal mio compito primario, principale e principe e principesco di lavorare alla trama del coso, del manufatto top-down, comesichiama, il romanzo.
ma siccome son un grande fancazzista, adesso mi lascio distrarre da una cosa che mi ha preso tutto il tempo dei pensieri nella testa, ovvero di uscire e andarmi a comprare una scheda tv, per vedere la televisione via pc. sul diciassettepollici. sony.
poi torno. propio, torno.

(c'è un signore con la faccia chiacchierona vestito da senzatetto, su un tram che porta lui e tutti i suoi sacchetti a spasso per torino, e ha in testa un berretto azzurro, quel signore, stinto e bisunto, il berretto, con su scritto "Roberto Rosso, voglia di futuro")

appresso