2.6

"e capire che
quello di buttar giù parole
non può essere un mestiere.
al massimo una disgrazia
come un cuore con la raucedine
come giungere al mare e non percepire
l'odore della salsedine"
(Maximilien Roccam de Pasteur, Parolame)

marie mi ha lasciato un biglietto sul tavolo:

c'è odore di mela nell'aria
il cielo è variegato di grigio e d'azzurro
e sto aspettando che cada
a pezzetti quaggiù

è passata da casa_coppino che non c'ero. lei ha le chiavi. non ho mai preteso che me le restituisse, e va bene così. marie è marie. marie ha le chiavi di casa mia. propio.

e pensavo che io son uno buono no a scriver 'sti romanzi con le storie d'amore, che uno vuole una, ma lei vuole l'altro, o viceversa, o contemporaneamente e alla fine tutti amano tutti, perché ci vuol il lieto fine, 'sti romanzi.

son buono no, io. propio.

oggi mi sento come una forma di camembert, manco fossi uscito da un quadro di dalì. mi sento molle e fuso, senza essermi manco fatto una canna. sbuffo in continuazione, borbottando "fanculo! fanculo! fanculo! cazzo cazzo cazzo", e poi scoppio a ridere come uno scemo. c'è qui anna, e già non riesce a studiare quei maledetti disturbi della personalità per l'esame di psichiatria, e deve pure sciropparsi me che sbuffo, borbotto e scoppio a ridere come uno scemo. propio un bel quadretto.

poi, tutto il tempo non ho fatto altro che prenderla in giro forte riguardo le dimensioni del suo naso. per giunta, colazione pranzo e cena, non ho mangiato altro che uva nera.

il citofono suona. suona lungo e deciso, così penso sia qualcuno che conosco. rispondo e una gracchiante voce femminile dice: "incaricata statistica. mi apre per favore?". boh. apro e torno ad ascoltare musica pirata. dopo circa venti minuti il campanello suona. non solo lo scampanellio ha un certo tono familiare, ma le nocche di una mano bussano insistenti, tanto che penso sia mia madre che ha dimenticato di dirmi quanto mi vuole bene. mi dirigo alla porta in punta di piedi, guardo dallo spioncino cercando di non far rumore e la vedo. l'incaricata. indossa un tailleur blu, suda sotto la scollatura della camicetta bianca con il colletto lungo e probabilmente scorre un rigagnolo salato fra le sue tette abbondanti. ha i capelli lunghi e il viso ovale, lo sguardo sull'arrogante compiaciuto (oppure è solamente stanchezza). nel complesso non è bella, ma tutto questo bel quadretto mi spingerebbe ad aprire per prenderla un po' per il culo, 'sta poveraccia che arrotonda scarpinando anche il sabato pomeriggio, prenderla per il culo come so fare io, ma sono in mutande e male odoro. 'stamattina volevo farla la doccia, ma usciva solo un filo d'acqua dalle tubature di questo condominio di merda. così mi son limitato a darle ancora un'occhiata da voyeur represso, mentre continuava a tamburellare con le nocche sulla mia porta blindata con una confidenza che ha solo qualche mia amichetta (oppure era solo frustrazione).
se non fossi pigro come sono l'avrei invitata ad entrare, comparendo esattamente maleodorante e in mutande, proponendomi poi di asciugare il rigagnolo di sudore fra le sue tette abbondanti, ma l'assolo di tromba proveniente da "i will survive" nella versione dei cake mi ha repentinamente riportato alla realtà della playlist di winamp: il prossimo mp3 sarebbe stato "the last good day of the year" dei cousteau e delle volte non ci son tette che tengano...

(le sgrammaticature di questo qua deliziano i passanti di via roma: "voi persone di torino vi ricordate delle persone solo quando sono morte dal freddo! se sono così come mè non vi interessano affatto. ricordatevi che anche per mè è dura la vita dopo che ti muore a fianco una madre di leucemia acuta, dopo sei mesi e 11 anni di sofferenza. si sta avvicinando il natale e vorrei passarlo ancora al caldo con un piatto caldo. (scusate). buon natale buon anno se ha qualcuno interessa lo legga non mi offendo")

 

appresso