il fatto è che mi sembra di guardare sempre solo la
superficie delle cose o delle persone.
s arà che ho paura di scoprire che c'è solo quella.
piccoli racconti bastardi
#26.
(per i contenuti altamente poetici è sconsigliato a un pubblico eccessivamente sensibile, o minorenne)
coinquiline
capisci che parli con una vera donna quando si svolge franca e
su tacchi a spillo la seguente conversazione:
- cos'hai, femmina?
- qualcosa.
- cosa?
- niente.
- allora non hai niente.
- no, ho qualcosa.
- e cosa?
- ma niente...
- ah, adesso è chiaro.
d'sgraziato
l'ho scampata bella. d'sgraziato che son altro no. a forza di frequentare questo mondo di scrittori blogger pieni di cose da dire, sapide e azzeccate, stavo per diventare più intelligente e acuto. poi per fortuna dopo alcune ultime sbronze, alcuni acquisti di camicie a righe rosa da quattro euro e una trentina di bukpoesie, il mondo ha ripreso lo spirito giusto e mi son risvegliato alla mia vera essenza di marcio ignorante svogliato fancazzista, scrittore ch'ha mai niente da dire.
io che volevo solo, al blogrodeo, andar sul palco a dire uno scopiazzo da lucini, insieme a un paio di fratellanze mie, e dedicare loro la performance, per sottolineare che io li ringrazio e sono loro tutte le mie fratellanze, e per dire, insomma, lì sul palco del blogrodeo, "vorrei dedicare queste cose che sto per dire al direttore e a strel', chè è grazie a loro che negli ultimi due anni son peggiorato bene. grazie, malciki miei."
(e sì, giù ' lacrimoni viola negroni)
avanti c'è posto
arsenio bravuomo, nella qualità di se stesso, offre ospitalità a scrittori di oscura fama, per stage residenziali in quel di torino, in monolocale poco arredato, scopo produzione di parole a raffica, scritte perlopiù con il dito nella chiazza di vomito e altre amenità. astenersi astemi, presunti tali e bevo solo a tavola quando c'è arrosto di cervo. oblio assicurato. gratis una dormita su una panchina del centro, tempo permettendo (aspetteremo una notte che piove).
l'organizzazione
mette a disposizione biro usata (poco) e quadernetto nero (disponibile in
versione a righe o a quadretti), come da figura affianco.
colonna sonora praticamente basata su canzonacce di sergio caputo e hotel messico electric band (o come gira a me).
sono
previste letture per pubblica via di gianpietro lucini, tratte dal volume
introvabile (sponsored by strelnik)
revolverate e nuove revolverate (a cura di edoardo sanguineti).
molto probabilmente, a seconda degli interessi, ci scappa pure una qualche lezione di tango argentino, con rispettiva visita a una milonga torinese.
sono aperte le iscrizioni.
questa città
questa città, nella sua parte lussuosa e discreta, no perditempo,
signorile, portineria ha preso il sole tutto il santo giorno (il resto della
città operaia meno, o di qualità inferiore, come da contratto).
m'ha il pavimento che scotta, 'desso, il pavè che scotta, il sanpietrino
che scotta, i marmi, gli stucchi, i fregi, le cimase, scottano. scotta il
marciapiede, scotta il catrame fresco e molle della via, scotta la panchina,
scotta la signora di mezz'età piena di soldi e boriosa, noiosa, scarpe
nuove, basse, firmate, ma dove non si vede, chè fa pacchiano, la
firma in vista, scotta quello sguardo suo di merda, scottano i miei piedi
per tutto quel che vado calpestando, e non per quel che m'andrebbe di calpestar
per bene, saltandoci sopra, stile cartone animato, stile film di tarantino,
stile alex arancio e meccanico, singing-in-the RAIN!
(li detesto tutti questi scottati dai tropici solari, questi pelle morbida
palle lucidate, gambe secche e scolli a v)
scottano i quartieri alti, scottano le case ben tenute, storiche, poliedriche, architettoniche, e disabitate, diciotto stanze per nessuno, un intero quartiere pedonale dove non ci sta nessuno, roba che faccio che organizzo un esproprio proletario discreto, no perditempo, mi ci stabilisco senza dirlo in giro, senza rumori, sfasci, mi faccio amico qualche custode un po' bevitore come me, una settimana qua, una settimana là, piscio solo negli angoli, quando la puzza si fa insopportabile, via.
scottano questi bar che ti portan via un portafoglio intero per una birra, ma lo scontrino te lo poggiano sul piattino, ancora scottasse il contatto del conto col tavolino.
datemi un piede di porco. meglio, datemi un accendino, mi ci vorrebbe un accendino, bello grosso, a benzina, mi ci vorrebbe, 'nvece d'aspettare l'autocombustione, di questa città.
subsonica+linea77
prendi un camion, riempilo di musicisti, parcheggialo in piazza castello una mattina e gira un video che m'ha fatto alzare dalla sedia, levarmi sette palme di cappello e rimanere incantato fino alla fine. assoluta goduria. massimo rispetto. voglio girare video così, nei ritagli.
omaggio al direttore (per quanto posso)
da qualche tempo per arrotondare rubo la spesa alla gente. mi apposto fuori d'un supermercato di quelli belli grossi, addirittura iper, un rockerduckiano esagerato centro commerciale, e con qualche stratagemma distraente fotto alcuni prodotti dalle borse nei carrelli, facendo leva sulla fede innata che le persone hanno rispetto alla grande, grandissima, stramegaiperdistribuita, distribuzione. oggi ho alleggerito una famigliola tipo padre perennemente concentrato sull'auricolare bluetooth del videofonino, chiamando un qualche call-center del cazzo, moglie annoiata disgustata di dover spendere ancora una volta almeno un duecento euro in salmone fumè svedese, figlia vestita con l'uniforme della scuola di lusso, castigata fin al collo, con lo sguardo del tipo "tanto non le porto le mutande, sotto", che poi fissandoti si piega a pigrecomezzi soppesando una confezione in offerta speciale di liquido per i piatti, cosicchè fai altro no che immaginartela nuda ricoperta di schiuma tra padelle unte e bicchieri tatuati di rossetto.
ultimamente però non mangio più granchè. più
che altro surgelati. la gente non fa che comprare surgelati. anche le penne
all'arrabbiata, surgelate. gli si è surgelato il cervello alla gente.
mangio un po' meglio rubando alle vecchiette pensionate. mi offro di portar
loro le borse. io ho le mie, con il logo del finte, piene dei prodotti di
cui ho alleggerito gli altri carrelli nella giornata. qualche vecchietta
che ancora non ci vede del tutto appannato vede lo stato in cui sono i miei
vestiti e mi lascia anche una monetina.
poi oggi ho superato me stesso. ho incrociato una famigliola tipo padre fumatore accanito di nazionali, madre ex battona che ha dovuto smettere per i calli alle labbra, figlia con piercing grande come la corona della regina tumistufi all'ombelico, appena eseguito, infetto, pieno di pus, capelli color viola mammola, e figlio ciccione che aveva già aperto e mezzo mangiato lo scatolone di tegolini. così, combinazione, questo meraviglioso quadretto familiare ha incrociato quell'altro pieno di soldi di qualche riga sopra e io non ho resistito da farmi venire un malore e impiastrare una sceneggiata, la quale mi ha permesso alla fine di mandare a casa i due campioni statistici dell'inutilità italiana con i rispettivi carrelli scambiati.
(già mi vedo la battona che si passa la settimana a friggere il salmone affumicato, e quell'altra che si lamenta con la cuoca che di merluzzo surgelato non ne può più)
in ogni caso, in entrambi i carrelli ho fatto scivolare una copia di Holidays On Ice di david sedaris.
poi ' le volte penso cose
tipo: mi serve un looping rovescio.
tormentoni
un mio cavallo di battaglia (si dice così?) è una roba tipo che vedo una e le dico che è molto bella, bellissima, lo faccio spesso, e appena lei mi si esce dall'imbarazzo barra incredulità barra timidezza e pronuncia un sincero grazie, io butto lì un "dai, scherzavo".
vabbe', al blogrodeo, appena entrato, ho visto la mafe e mi sembrava molto bella, ma davvero, e gliel'ho detto e lei ha riso molto e ha detto grazie e io non ho potuto resistere e ho detto, dai scherzavo, e lei ha riso ancora di più.
mi piace sempre di più spesso questa mafe.
son tutti intelligenti
terribilmente divertenti, interessanti, gentili, innamoràti. bravi.
io no, (macchè).
ciondolo, camicia sporca di gelato ' sbròdolo, sembro un ritardato,
ho no memoria, sono un ritardato, non son buono ' scrivere due righe leggibili.
di seguito.
parlo banale, non coniugo.
avverbi, figuriamoci.
voto radicàle.
scelgo la musica a cazzo.
porto da bere a un solo barbone. la notte.
pòntifico.
son un bombolone ripieno di rammàrico.
e gliela faccio pagare,
a tutta la bellezza che non mi riesce di digerire,
gliela faccio.
da quattro giorni mangio solo tomini e acciughe al verde. e sbrano resti di strippole liscie.
poi l'unico sogno che ho, è essere come mike (all they wanted is a place to stay).
chiedo di molto scusa
a tutte quelle o quelli ch'ho importunato, al blogrodeo.
dico grazie (anche se non dice) a effe (un santuomo).
lei è davvero stràfiga.
lui, importa no s'è più basso di me.
futa è un omone più alto di me.
mi dicono che a un certo punto andavo in giro a dire "offrimi una birra". poi il barista del locale mi ha dato una lattina, di birra. e quello è stato il colpo di grazia.
' le volte, è meglio di svenire. ma, si sa, è una vita a scrocco, la mia.
cerchi d'esser sincero nella letteratura
che produci. ne fai una questione d'etichetta, quasi fosse una barbarie, la menzogna. nella letteratura. poi t'accorgi che si può esser sinceri solo con certa gente che capisce la tua lingua. con gli tutti gl'altri, no. fiato buttato.
regole a farsi fottere.
(ti voglio bene sempre più spesso, direttore, cazzo culo figa tette treppuntini quattropuntini spaziodopoilpunto virgola stracàzzo)
poi dici che certa musica
non ti fa pensare cose che altra musica ti fa pensare no, o anche. ma infine.
c'è un pezzo della colonna sonora de il gladiatore nelle mie orecchie, 'desso. il pezzo di enya, cantato in so mica quale lingua, ma l'ascolto ancora a raffica ché il mulino bianco me la rovinerà per sempre, visto che l'ha ficcata in un suo spot. comunque. honor him.
la confusione regna. impèra. imperitùra. nella mia mano, nella mia capigliatura, nel mio guarda-come-butta-il-mondo. ho paura.
ho paura d'aver capito poco niente. meglio niente. fosse vero. vorrei sapere
niente. vorrei essere dentro war games, il film di quand'ero piccolo.
vorrei esser mattew broderick da piccolo, accant'a ally sheedy, sull'isola
del professor tolken, rammaricarmi di sapere che un computer 'mpazzito sta
per distruggere il pianeta.
vorrei sapere niente. guardare i vasi di fiori appesi per certi balconi
e scoppiare a sorridere. buttare gli occhi su un bel culo che passa e lasciarmici
perder'appresso, scriverci anche su due righe. vorrei dimenticarmi d'essere
umano. chè se qualcuno mi dicesse adesso che son un rappresentante
dell'umanità lo prendo no per un complimento.
io son un artista.
in questo senso, di ora, dico, per fortuna mia.
io son un artista perchè son sicuro che l'arte mi salverà.
ci salverà.
sono sicuro. è l'unica cosa che so.
soprattutto la poesia. la poesia ch'è morta, moribonda, spacciata,
in coma, che è solo più scimmiottamento e gogna, la poesia
mi salverà. guardate che li sento arrivare questi poeti all'orizzonte,
gli spuntano le teste da lontano per il tondeggiare del globo terraqueo.
ve lo devo dire io che gli artisti vivono tutti nella stessa misconosciuta
dimensione e si sentono, a vicenda. sentono le voci, gli artisti. hanno
le antenne sbagliate, venute male, o andate a male, e così sentono
solo i rumori di fondo, quelli che mandan avanti il mondo, i rumori che
sono importanti, che sono sempre o troppo indietro o troppo avanti.
così la poesia ci salverà. come certe musiche che non ti fan pensare cose che altre musiche ti faran pensare no, o anche. infine.
guardami morire
sgòmbra cellula da poco
e rinasci candida
attesa amata malandata piccola
(maximilien roccam de pasteur, nonamore)
vorrei avere solo più ricordi, sapere solo che non ne produrrò
più, di ricordi, che mi son finalmente messo a camminar di schiena,
guardando di faccia il passato, no' il futuro.
vorrei passare il giorno ad ascoltare canzoni rimast'attaccate a certe donne
mie, e tirarmi le ultime penose pensose seghe.
questo sole di oggi (torino oggi è luminosa e limpida come dentro il luna park dei vostri meglio sogni) m'ha lasciato incantato, sedotto e stupido, peggio di certi bambini annacquati e torbidi di questi nostri tempi d'amori macabri e guerre fulgide, ma con un po' di carta e penna in mano, ancora e àncora. e il sole sa che ci sarà mai no, in viso alla mia schiena gàmbera, il giorno ch'i'esaurirò parole o apostrofi a vànvera.
ci provi, a dire bene cose
(con precisiòne, dico) e poi, scopri che ce n'è poco bisogno, ché qualcuno l'ha già scritto prima di te, precisissimo:
"Non ho vergogna di vivere come un adolescente ombroso, come un vecchio.
Incagliato, ebbro e paonazzo, in un locale di donne nude."
(George Bataille, L'impossibile)
"La letteratura è l'essenzialità o non è niente"
(George Bataille, La letteratura e il male)
Dictionary of Obscure Sexual Terms
godurioso. (via hotelmessico --> giavasan)
coinquiline
- pronto?
- ciao, sei tu la mia coinquilina preferita del cuoricino sparso per i petali
di rosa corolla perfetta rosso fregola?
- ...
- senti, io son a casa ma tu non ci sei, quindi ne approfitto.
- ne approfitti di che?
- che non ci sei, in casa, quindi quando torni abbi la decenza di annunciarti
previo scampanellamento citofonico, chè se m'entri all'improvviso
dalla porta rischio d'imbrattarmi bianco latte mezze mutande, e tastiera
e monitor, già che ho il magazzino pieno, tu sai cosa vogli'intendo
dire...
'mprovviso, via
garbati sonagli
venati pendagli
da
sorca
albicòcca
mozioni di ordini
(tu davanti
di dietro
camposanti)
liquidi biologici
paste lavamani
contare lampioni senza speranza
nel dopodomani
ma prenditi l'asciugamano
a vento
m'ha preso un crampo
di polpaccio
gluteo
grosso
graminaceo
da gestire
e m'innesto lesto
sporco sbronzo sposato
contraddetto compromesso
compreso nel soffitto
d'occhiate tue trafitto
topastra
'mpiastrata di me
medesimo
nel rimanerti 'ddosso
come vernice fresca
d'ebano
ebete
d'abete 'bbattuto
(cazzo moscio)
per nulla smosso
dal tuo màstico
concentrato
in do maggiore
atteso al varco
coscia mielosa
melodrammatica e bagnosa
cotta
di capelli e peli
a coppiette
avare.
poetar (per vero)
lasciami poetare muliera
'desso che c'ho la vena poetica
lasciami, in tutta l'estasi di questa notte da paraculo.
te ce l'hai, la vena?
come c'hai l'arteria?
oh, tu cerusica,
mi rispondi medica
ma passami la mòllica
di pene
(ch'è un bello modo per dire cazzo)
mio
e che piede hai, eh muliera?
amata mantide,arsenico
giambico? ditirambico?
scazònte, direi,
ti guardo 'l piede e mi pare scazònte
guariscimi con un bacio tuo
condotto
avec labbra rosso frègola
senza alcuna tecnica ditoplessimetrica
(e se così non si può dire, i' lo dico,
si chiama licenza
poetica
te ce l'hai la licenza, sciamana dei funghi in padella,
eh?)
poi balla come una prognosi
riservata e duplice
torrida e remittente, stile febbre da cavalla,
stile facies stramorente
d'erba
complice
son nato clinostatico
e ci rimango
ma magari mi faccio un fango
di negroni e arsenico
così me n'esco dal manicomio
con la pelle lucida
(o in coma etilico)
coinquiline
- muliera, te te la ricordi la prova del nove?
- quella della divisione?
- o era la moltiplicazione?
- quella a croce, insomma.
- eh. te te la ricordi come funziona?
- ehm... veramente no, com'era già?
- boh! mi ricordo solo la croce, tre numeri li mettevi e il quarto lo ricavavi
e...
- ehi! stai pencolando verso destra.
- lo so: quando pencolo a destra vuol dire che sto pensando a della certa
matematica.
- ah, certo.
- e invece se pencolo a sinistra, lo sai a cosa sto pensando?
- alla poesia?
- brava! giusto!
- ...
- e... se pencolo in avanti?
- stai cadendo?
luna rossa
vega attacca