pomeriggio nulla pallido m’incammino sulle ruote ferrate, sapientone, del tram numero dieci, via verso l’appuntamento più bestiale della mia carriera di scrittore.
io che volevo far carriera in niente, e stavo per farcela, con tutte le volte che m’ero autosabotato. invece niente. la fortuna aiuta gli autolesionisti, ‘desso.
cosicchè allegro e carico, per aver prebevuto una dolce bottiglia di bardolino, o due, col serbatoio mezzo pieno, e mezzo no, fermo il tram di con un dito e mi ci carico sopra, tutto il mio grosso animale peloso che sono, mezzo peloso mezzo no. i due mondi che vedo davanti appena un poco disappaiati non m’impediscono di scrutare il noioso star seduto della città pomeridiana, crogiuolo d’ambulanze lente e spente, gonne corte sopra ‘l ginocchio, monumenti ai caduti, coincidenze.
è che l’appuntamento mi sa che lo faccio slittare, lo faccio saltare, lo faccio a fettine, l’impasto o lo scarrozzo a va’ ‘n quel posto e non ci vado, insomma.
meta il capolinea.
non si può avere tutto dalla vita. il talento e il successo. la ricchezza e la povertà. o uno o l’altro. o una o l’altra.
meglio un povero di talento o un ricco di successo?
(se è questo, il problema, io m’addormento, qui, ferrato e calmo, vedendoci doppio e saltellando d’in sul posto, a sedere, triplo salto mortale, e nulla pallido)