è tipo scuol’ elementare
quand’impari a scrivere e o te lo scordi subito o te lo scordi più no
questa roba del scriver’
anche se i’ ho imparato mica lì
ma da mio nonno
e sotto dettatura
senza dentatura
(mio nonno)
mica a scuola
e quel che vi debbo di dire
è che son rimasto lì
all’elementari
scrivo solo sotto dettatura
e ‘desso
è il negroni che detta
quel che scrivo
chi mi detta
è il negroni
(scriver sotto dittatura del negroni)
e dice
(e io riporto)
è poi vero che son tutti uguali
gli scrittori, pieni di seghe, pieni di cose da dire
mentali
tipo indugiare
dicon, indugiare,
dicon lercio
dicon cose messe da parte dal tempo
(come se ‘l tempo
avesse la barba e il ditone puntato)
dicon che spesso si scherniscono
dicon che son commissariati dai lettori
(o era commissionati?
già ci vedo doppio, ci sentirò pure, doppio)
dicon che più che scriver passo il tempo a riscriver
dicon che poi, sottovoce, ti dicon come se lo dicessero solo a te, come fosse un segreto, dicon che loro son gente che la scrittura è tutta dentro
(lasciarcela no, eh? tirarla fuori, propio)
e verso la fine dicon che loro scrivon propio senz’erre e videocammmera con tre ‘mme
solo per far incazzare i software
correttori ortografici
verso la fine, invariabilmente
tutto questo con effe accanto
che si staglia
(ne fa di cose lui
ma più che altro
si staglia)
stagliasi, effe, e girato e accanto e intanto e ellenico
letteroso, letterario, letteralmente
affezionato alle parole,
effezionato si può poi dire,
fuma e mastica cigarri
di cui tutte le volte dimentico la marca
paterno e concentrato
pizzetto e sciarpa amaranto
scarpe marroni
benandato
stagliasi
lui, esso,
(mica esse)
e verso la fine, finiti vini e formaggi,
vìti e foràggi,
invariabilmente,
pòrgeti ipotattici omaggi
e via
(per effe, poesìa)