me n’andavo a zonzo
pantaloni alla zuava
maglietta alla marinara
giacca d’ordinanza
scarpe da tip tap
cravatta lavallière
cappello d’alpino
me n’andavo a zonzo
così conciato
incrociavo persone di tutte le estrazioni
e bambini che giocavano all’otto, volante,
e mi chiedevo perché, ma perché,
mentre sentivo fortissimo il desiderio di trasformarmi
in un razzo missile,
le caprette non mi fanno ciao?
poi sincretico m’arrendevo al fatto che
miva m’avrebbe mai lanciato i componenti
i bambini mi guardavano come fossi vestito male
e io dissi loro mentre venivano a me, che sì
che sì che si può far festa per trenta giorni al mese
che candy è poesia e fantasia e allegria più
le genti di tutte le estrazioni invece,
non si curavan di me
non mi guardavano e passavano
e dire che io avevo in serbo certe verità
di un bel grado sopra le leggi della termodinamica
tipo che se vuoi vivere a lungo
devi farti molte insalate di matematica
e respirare dell’aria cosmica
m’avevo anche in servo altre verità
di cui non son poi così sicuro
tipo che un bicchiere d’acqua al giorno
ti salva dal cancro
m’io, nel dubbioso e nell’uggioso, me lo bevo
col bavero della giacca da camera risvoltato
poi
salto nelle pozzanghere, hoppipolla,
inseguo i piccioni sgangherati di bricioline
infilo le dita nelle prese di corrente alternata
ripeto la stessa parola di due sillabe per ore e ore
succhio la linfa vitale della polvere in cima a i camini
infilo le mani nelle tasche delle genti su i treni per santiago
poso i miei occhi la sera sul comodino pigro
mi prendo i rimbrotti delle genti grandi
giro in tondo fino a svenir di capogiri
canto e danzo fino a sgolarmi, fino a dolermi
mi sbuccio i ginocchi, piango a dirotto,
strappo tutto anche le zip sugli aerei di linea
m’accendo un cero vicino al focolare
non so scrivere ancora ma scriverei se sapessi
dov’è che tutta ’sta cazzo di vita in giro va a finire