piccolo bastardo racconta 3

io ho nove anni.
poi vivo a torino.
poi mia mamma mi chiama: piccolo bastardo. io di per me, per quel che ne so, mi piace, piccolo bastardo, solo come lo dice la mia mamma, però, tirando il fiato della sigaretta ms. la mia mamma è sempre senza fiato, però. e ha i capelli lunghi fino al sedere. lisci. neri. dice che ci campa con quei capelli. dice campa, proprio. finchè non tornerà quel bastardo di tuo padre, dice mia mamma. ma qui bastardo lo dice in maniera diversa. ma di spiegare come, diversa, poi vediamo.

poi gioco sempre con giachetti, il mio migliore amico e compagno di banco, per quest’anno.
poi amo la mia maestra, barbara. scrivo i pensierini che lei ci fa scrivere in classe. d’autunno pensierini sull’autunno. le foglie gialle e vecchie che cadono come certi soldati della prima guerra mondiale di quella poesia che la maestra barbara ci ha fatto studiare a memoria. mi piace molto quella poesia, perchè è corta. e poi suona bene. le parole, certe volte che son fortunato, mi vengon fuori nei pensierini che suonano bene. da grande voglio fare il soldato poeta. o forse solo il poeta. o forse solo il soldato. poi vediamo. d’inverno pensierini sull’inverno. la neve e i pupazzi di neve, praticamente. di primavera pensierini sulla primavera. i fiori che sbocciano, mi pare. la vita nuova e le rondini. d’estate invece non si va a scuola, quindi i pensierini sull’estate li scriviamo o a fine primavera o a inizio autunno. roba sulle vacanze, praticamente. il mare, il sole, la sabbia, i castelli di sabbia sotto il sole al mare. bisogna sapere cosa scrivere nei pensierini, per ogni stagione, chè altrimenti si prendono i voti brutti. i grandi hanno cose che gli piacciono e cose no. io sono un novenne che scrive quel che vogliono i grandi, così mi lasciano stare e posso pensare alla sorella di giachetti, una femmina, posso progettare il prossimo scherzo che le faccio.
poi oggi la maestra barbara mi ha dato un premio perchè i pensierini che ho scritto suonavano bene.

torino, 15 maggio 1979.
compito: scrivi cinque pensierini sulla primavera.
svolgimento:
1. la primavera è la stagione dei fiori.
2. i fiori sbocciano in primavera.
3. la vita rinasce, in primavera, e le rondini, pure.
4. posso giocare fino a tardi la sera, in primavera, fuori nel cortile.
5. quando sarò grande diventerò il re delle stagioni e farò essere sempre primavera.

(lo so che il numero cinque va fuori dalle regole dei grandi, ma ce lo metto sempre un pensierino un po’ strano, perchè ai grandi piace anche quando si prendono delle regole e si fanno delle eccezioni. si entusiasmano, dicono “che cose fa scrivere l’innocenza dei bambini”. sono strani i grandi. io non diventerò così. diventerò re e ci sarà solo una stagione, così ci sarà meno da studiare, a scuola. però poi, sai che noia. vabbe’. poi vediamo)

poi la maestra mi ha dato il premio alla fine della scuola, quando tutti i miei compagni erano già andati via. si è messa una chupa-chupa all’anice nelle mutande e mi ha detto di andare a prenderlo, passando da sotto la gonna.

poi mio nonno mi è venuto a prendere con la bicicletta per portarmi a casa ed era felice, perchè parlava forte forte, aveva la faccia tutta rossa, con le venuzze sul naso, e sta proprio invecchiando, perchè non si riusciva mica bene ad andare dritti, in due sulla sua bicicletta. ma sotto casa mi ha dato centocinquanta lire per comprarmi lo stick all’anice.

poi giachetti è venuto a casa mia. in televisione c’era rino gaetano che cantava. mi piace rino gaetano. mi piace quando lo vedo nella televisione con la sua chitarra, a volte piccola a volte grande, e canta gianna gianna aveva un coccodrillo ed un dottore. l’ho imparata a memoria quasi tutta questa canzone, che mi piace tanto come suona, ma non mi piace tanto da imparare a memoria perchè è lunga, molto lunga. comunque qui suona vuol dire una cosa diversa da come suona quella poesia della prima guerra mondiale, ma di spiegare come, poi vediamo.

poi stasera sono felice. ho anche pensato uno scherzo nuovo da fare alle femmine, ma sopratutto a quella puzzona della sorella di giachetti. non fosse che la mia mamma mi ha detto, poi: “ehi, piccolo bastardo, ’stasera tocca a te lavare i piatti”. così ho preso lo sgabello e ho riempito la bacinella con l’acqua calda.

poi però prima di dormire posso leggere un poco di ventimila leghe sotto i mari, un libro di giulio verne con la copertina verde e una piovra e un palombaro. io so leggere molto bene. me l’ha insegnato mio nonno quando avevo cinque anni. la prima parola che ho letto me la ricordo ancora. eravamo a cesenatico, io, la mia mamma e mio nonno. stavamo camminando la sera, era estate e c’erano tante insegne luminose dei negozi e dei locali per una via vicino a un canale pieno di barche. e io mi ricordo che ad un certo punto una di quelle insegne luminose lampeggianti, gialla coi bordi rossi, ha smesso di essere solo una luce lampeggiante, e mi ha parlato nella testa. cioè io nella testa ho sentito suonare una parola e allora sono corso indietro da mio nonno e gli ho urlato “nonno, nonno, è vero che c’è scritto bar? è vero che c’è scritto bar?” praticamente avevo letto la mia prima parola di mia spontanea volontà. una parola grande grande, di poche lettere, come piace a me, tutta gialla con i bordi rossi.

poi adesso non vi racconto più niente, che sarete stanchi anche voi, se era la sera che toccava a voi di lavare i piatti.

Pubblicato da

arsenio

m'han nomato bravuomo un giorno e da quel giorno io me lo tengo, quel nome. arsenio mi son nomato da solo. eccetera.