piccolo bastardo racconta 6

io ho nove anni.
questa sera ho dato il pagellino alla mia mamma. lei mi ha solo detto annoiata: “piccolo bastardo, alzati e va’ a cambiar canale, va’”. ho premuto in sequenza i sei pulsanti del grigio nero grundig. alla fine ho premuto anche quello di spegnimento, per sbaglio. la mia mamma ha urlato un po’, poi si è pentita di aver urlato, forse perchè in questi giorni è natale. per consolarmi, mi ha messo su nel mangiadischi luna di gianni togni. che a me, dopo rino gaetano, è quello che mi piace di più di tutti, gianni togni.

così in questi giorni è natale. la mia mamma mi dice che piccolo e bastardo come sono posso però vedere grisù il draghetto sulla tv svizzera, oggi. che è natale. e gli altri cartoni che danno su capodistria. ma tanto oggi capodistria non si prende. in compenso ho visto di nuovo “cinque matti al supermercato” su telestudio. non capisco però questa cosa che la mia mamma è gentile solo quando si è nei pressi dei giorni di natale. allora la gentilezza è come un carcerato: recluso dentro il natale?
i piatti, li ho dovuti lavare io, natale sì o natale no.

anche la maestra è più gentile nei giorni nei pressi del natale. per esempio la maestra ci ha detto di scrivere un bigliettino ai nostri genitori per natale, per fare gli auguri. io che ho dei guai con i miei genitori son andato dalla maestra a dire che non riuscivo. lei mi ha rispedito al posto dicendo di concentrarmi e di provarci per davvero. dopo un po’ che mi vergognavo per i miei genitori sono tornato dalla maestra e le ho detto: ci ho il blocco creativo. lei allora mi ha guardato negli occhi per la prima volta da settembre, ha detto “giusto perchè è natale”, e mi ha dettato una frase da scrivere sul biglietto di natale per i miei genitori.

a scuola abbiamo smesso di andare. ci son le vacanze di natale. me, mi manca tanto il maestro matteo. il maestro matteo mi piaceva perchè si faceva chiamare matteo. se lo chiamavo maestro, proprio come la maestra la chiamavo maestra, lui mi diceva che allora mi doveva chiamare allievo. diceva, me lo sono scritto, che a volte noi si può anche appuntarsi qualcosa che non si capisce, lo si capirà poi, prima o poi, o forse mai, ma rimane un bell’appunto, in ogni caso dicevo, me lo sono scritto per bene, che il maestro matteo ha detto che quello si chiama diritto di reciprocità. poi da grande ve lo saprò spiegare meglio.

meno male che la mia mamma non mi ha obbligato ad andare alla messa di mezzanotte. non mi obbliga più da quando dopo la prima comunione ho vomitato in chiesa. ho vomitato perchè il prete mi ha offerto il corpo di cristo da prendere in bocca (e ingoiare senza masticare) e al catechismo mi era stato spiegato che durante l’eucarestia l’ostia diventa davvero un pezzo del corpo di cristo (quale pezzo non ce l’ha detto il catechista, un dito, un polpaccio, non ce l’ha detto), e il vino diventa davvero il sangue di cristo. così mi è venuto in mente che sapore deve avere il vino che beve il prete nella messa, deve essere come quando mi succhio il sangue dal ginocchio che son appena caduto dalla bicicletta, che sa di ruggine, il sangue, e poi ho pensato che mangiare carne umana è fare come i cannibali, e io dalla tensione, sudavo tutto, alla prima comunione, non ce l’ho fatta, a fare il cannibale, e quando mi son messo in bocca l’ostia (senza masticare) poi ho vomitato.

ieri la mia mamma mi ha portato dal dottore. il pediatra. perchè sono ancora piccolo. il dottore mi ha fatto tirare giù le mutandine e mi ha tirato il pisello. a forza di tirarmelo di qua e di là con quelle sue mani gelide, mi ha guardato bene in faccia, da vicino e mi ha parlato come si parla a un deficiente. mi ha detto che tutte le volte che vado in bagno a fare la pipì devo tirare giù la pelle in cima al pisello, tirarla finchè non si scopre. tirarla e tirarla anche se mi fa male, anche se mi brucia.

la mattina del giorno di natale ho trovato il regalo vicino al mio letto. la mia mamma era andata via a lavorare. l’ho aperto ed era una locomotiva a pile, con un tasto che l’accende e la fa partire e si accendono le luci e si muove. per fermarla bisogna di buttarcisi sopra e rischiacciare il tasto.

questa locomotiva è il mio regalo per natale e a giachetti non la presto manco morto. e nemmanco a sua sorella, quella puzzona, certo.

piccolo bastardo racconta 5

io ho nove anni.
questa sera c’è supergulp. fumettintivvù, fumettintivvu-u-u-uuu. io che ho nove anni mi piace più che altro il gruppo tnt, solo che mi sembra di non saperne qualcosa, che son in difetto di qualche informazione preesistente, di avere una mancanza.
avere una mancanza è un po’ la storia della mia vita, ed è facile, la storia della mia vita: ho nove anni appena. mica come il paleolitico, che mi piaceva tanto l’anno scorso, lungo migliaia di anni, l’uomo cavernicolo e le punte di frecce. pare quasi che sapessero far solo punte di frecce, all’epoca. mi sembrava un poco stupido e ridotto male il cavernicolo. mi sembrava riduttivo l’uomo delle caverne, come ce lo ha raccontato la maestra barbara, sempre bella, sempre ben vestita, sempre con la gonna corta corta. una di quelle cose che il maestro matteo m’avrebbe detto “pensaci”. io, certo che a nove anni, ce ne ho di cose da pensare.
per esempio, oggi andiamo ai giardini gnocchi con la bici e giochiamo a guardie e ladri e vorrei che finiamo in squadra insieme io e la lella. è una cosa che penso, questa. così le faccio visitare il nascondiglio segreto, sperando non ci sia puzza di merda, che i cani io li ammazzerei tutti, quelli che mi cagano nel nascondiglio segreto. il nascondiglio è segreto, ma io ve lo dico lo stesso dove sta, visto che alla maestra barbara l’ho detto, in cambio di un cri-cri e una giornata di riposo dai giochetti. il nascondiglio, praticamente, sta tutto a destra, dei giardini, dopo la pista di pattinaggio, prima del campo di calcio dell’ivest, in mezzo, praticamente, tra due cespugli bassi ma con l’entrata dal di dietro, attaccata al muro, l’entrata. praticamente. ma forse è meglio che se vi interessa, magari vi ci porto. me lo dite, prendiam la bici, vi ci porto.
magari con la lella poi si chiacchiera sulla panchina.
io so mai che dire alle femmine.
la lella è una femmina molto strana. è l’unica che va bene in bici. e va pure veloce. ha moltissimi capelli. e ride sempre.
invece la sorella di giachetti ha i capelli lisci ed è una puzzona. come la maestra barbara. ma in maniera un pochetto diversa che non mi riesce ancora di dire, ma io per adesso me lo appunto che poi ve lo racconto quando sarò più grande.
poi il nonno ci ha portato a me e giachetti e quella puzzona di sua sorella al cinema ideal a veder l’impero colpisce ancora. già siam arrivati in ritardo, poi ci siam seduti sulle scale tra le file di poltrone, che il cinema era pieno pieno. poi la sorella di giachetti aveva una paura tremenda di quel signore tutto nero con il respiro forte. il respiro che si sentiva. aveva tanta paura che si girava tutta verso il fondo del cinema, cosa c’è da guardare al fondo del cinema mi chiedevo io, e si aggrappava a me, alla mia maglia. si aggrappava e stringeva forte, forte tanto quanto aveva paura. ’sta puzzona.
(per un attimo ho pensato alla lella e alla sorella di giachetti; poi ho fatto un paragone. m’è stato un attimo)
a me faceva paura più che altro il piccoletto verde, però mica potevo farlo vedere, allora quando s’aggrappava e si girava, la puzzona, io chiudevo gli occhi o speravo che qualcuno seduto sulle scale davanti a me si alzasse o si accendesse una sigaretta, così da muoversi un poco. quando è morto, il piccoletto, son stato contento.
insomma, alla fine, domani prendo la lella e la porto nel nascondiglio segreto. e le do questo biglietto:
“cara lella, io vorrei dirti delle cose tipo i love you, ma per adesso non so come dirtele. forse dovremmo vederci per dircele di persona. un ammiratore segreto”.
la prossima volta vi racconto come è andata, forse, chè adesso c’è supergulp per davvero.
(e l’ultimo chiuda la porta)

pbr pinokkio

io ho nove anni.
io ho letto quasi tutti i libri di giulio verne. soprattutto dalla terra alla luna, che l’ho letto due volte, quello con la copertina blu, rigida. anche soprattutto intorno alla luna, che però è molto più complicato come libro, già verso la fantascienza. a me, la fantascienza, no.
poi ho letto pinocchio. ma poco, solo un pezzo. vedo i cartoni animati. piuttosto. naso di legno, cuore di stagno, burattino. pan di mollica, scansafatica, dove vai? sono un burattino e non mi fermo mai. con le mie scarpe zuppa e pan bagnato… mi piace infatti, però, soprattutto, la canzone.
io di questo libro, giallo, molto vecchio, tutto sbrindellato, che ho letto, di pinocchio, forse era di mio padre, forse era di mio nonno, e ho visto anche che c’era un disegno di pinocchio sul sussidiario vecchio di mio nonno, che mio nonno l’ha fatta tutta la scuola, fino alla quinta elementare. sul sussidiario di mio nonno, comunque, i disegni sono tristi e grigi, o molto gialli, piuttosto. ma sarà il tempo. dice mio nonno. sarà il tempo che passa.
comunque, io di pinocchio mi è piaciuto più di tutto, ecco, quello che mi ha colpito di più sono: il gatto e la volpe. io me ne andrei in giro con il gatto e la volpe. ma il gatto e la volpe vorrei che fossero rino gaetano e giulio verne. rino gaetano che canta le canzoni tipo mio fratello è figlio unico con la chitarrina. giulio verne che mi racconta dalla terra alla luna e mi spiega un poco di quei calcoli molto complicati per andare sulla luna con un proiettilone. e poi mi spiega, mentre che c’è, anche perchè i numeri li deve scrivere in lettere invece di usare i numeri. 15367. perchè, giulio, non mi scrivi 15367, se vuoi dire 15367? perchè mi scrivi quindicimilatrecentosessantasette? (fiuuu) eh, giulio?
piuttosto.
poi però devo smetterla di pensare di essere dentro il libro di pinocchio con i personaggi che voglio, altrimenti giachetti, il mio compagno di banco che probabilmente quest’anno lo bocciano e addio giachetti, poi insiste fammi fare una parte anche a me. e fammi fare una parte anche a me, a forza di fammi fare una parte anche a me finisce che mi tocca far fare una parte anche alla sorella di giachetti, che, ricordo, in quanto femmina, è una gran puzzona.
tantomeno la fatina. la fatina buona, no. la parte è già presa dalla mia maestra barbara. che di lei poi un giorno vi racconto i giochi nuovi che facciamo adesso.
mangiafuoco, posso farti fare mangiafuoco, dico a giachetti. lui tira il calcio al pallone e dice che si va a nascondere. stiamo giocando a barattolo. io mentre recupero il pallone in questo gioco truffaldino, che quando sei sotto resti sotto tutto il pomeriggio, quindi tantovale mettersi l’anima in pace, come dice mio nonno, dice un sacco di cose mio nonno, lo recupero con il mio ritmo, il pallone, che son sotto. anima in pace. così recupero il pallone e lo metto a posto e mi metto a cercare gli altri. parto guardando sotto le macchine, che spesso ci si sdraia sotto le macchine, piuttosto. mi sdraio sul marciapiede e guardo sotto le macchine, sono alla caccia di un minimo movimento. e penso. io se fossi dentro il libro di pinocchio, quello giallo sbrindellato, mi piacerebbe essere il grillo parlante. ma più che altro perchè ho visto il film, e il grillo aveva una giacca con le code e da grande io credo andrò sempre in giro con la giacca con le code. così penso. e poi il grillo è saggio. giachetti viene sempre da me a chiedermi i consigli. io gli dico: te fai il compito più veloce che puoi, ma non dire alla maestra che hai finito, sennò ti dà dell’altro da fare. che secondo i grandi se non ti danno qualcosa da fare te non sei capace di trovarti un’occupazione. tu fai finta che devi finire, invece pensi ai fatti tuoi. io faccio così. me la trovo da me, un’occupazione. gli adulti, bisogna accontentarli, son contenti, ti lasciano in pace.
gli dico così a giachetti, quando faccio il grillo. gli do questi consigli, e gli chiedo: si vede che ho la giacca con le code? eh, si vede? ma giachetti mi fa tanto d’occhi e non capisce. mica l’ha visto, il film. mi sa che gli conviene di vederlo. che si crede, che avrà sempre uno come me appresso a dargli i consigli? piuttosto.
ah. una volta che avevo finito i compiti ho pensato: ma pinocchio, poi, lui, a chi lo faccio fare? non è che mi stia molto simpatico. quello del film per niente. quello del cartone animato con la sigla che mi piace, un po’ di più. questa storia delle bugie, però, il naso che s’allunga, non lo so. mi sembra fantascienza. io, ricordo, la fantascienza, no. piuttosto, leggendo il libro sbrindellato, giallo, mi sembra che non sia la cosa, come dire, centrale. la cosa importante del libro. e invece mio nonno dice sempre che le bugie hanno le gambe corte. mi sembra che c’entri qualcosa, ma non ho ancora capito come. mi sa che devo chiedere al maestro matteo. lui mi risponderà “pensaci”. così ho un’altra cosa da pensare.
comunque a forza di pensarci ho capito a chi lo faccio fare pinocchio. c’è un politico brutto brutto che vedo sempre al telegiornale. ha la gobba, è molto vecchio ma mia mamma dice che non muore mai. mia mamma, lisciandosi i capelli una sera che rimaneva a casa, ha detto: “piccolo bastardo, vedi quello lì, vestito di nero, con la gobba? ecco quello meno male che non è di legno, sennò sai che naso lungo gli veniva!” usa sempre delle parolacce quando parla di quello lì, mia mamma, soprattutto dall’anno scorso, quando hanno ammazzato aldo moro. mi ricordo il telegiornale. mi ricordo mario pastore. mia mamma quella sera mi ha fatto lavare i piatti anche se non era il mio turno.
così ho pensato che se questa cosa delle bugie non era centrale, in fondo, nella storia proprio personale di pinocchio, piuttosto, per il politico gobbo, invece, mi sa di sì.
dopo questa pensata vado a lavare i piatti, anche se non è il mio turno.
(e forse alla puzzona le faccio fare lo squalo gigante, ma ci penso meglio)
(piuttosto)

piccolo bastardo racconta 3

io ho nove anni.
poi vivo a torino.
poi mia mamma mi chiama: piccolo bastardo. io di per me, per quel che ne so, mi piace, piccolo bastardo, solo come lo dice la mia mamma, però, tirando il fiato della sigaretta ms. la mia mamma è sempre senza fiato, però. e ha i capelli lunghi fino al sedere. lisci. neri. dice che ci campa con quei capelli. dice campa, proprio. finchè non tornerà quel bastardo di tuo padre, dice mia mamma. ma qui bastardo lo dice in maniera diversa. ma di spiegare come, diversa, poi vediamo.

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piccolo bastardo racconta 2

io ho nove anni.
ieri oppure ieri l’altro o l’altro ancora, o un giorno prima, o boh, ho scritto una favola.
ho raccontato la mia favola a giachetti, che è il mio migliore amico compagno di banco. non so se sarà ancora compagno di banco mio l’anno prossimo perchè la maestra ha detto che lo boccia.
giachetti ha preso ed è andato a raccontarla a sua sorella, la favola, che essendo femmina ovviamente non so se ci ha capito qualcosa. io non so cosa ci aveva per la testa giachetti, ‘ andarla a raccontare a sua sorella, chè a volte spero che lo bocci veramente, la maestra, a giachetti quando fa queste cose qui.
io mica sono andato a raccontarla alla maestra barbara, in quanto femmina. mica faccio di queste cose qui.
alla maestra barbara invece ho chiesto chi era baader. sotto casa mia su un muro c’era un scritta con la vernice rossa, quella che sbava delle bombolette, a spray, che diceva, la scritta rossa “baader è vivo”. poi l’altro ieri o il giorno prima o quello prima ancora, o boh, qualcheduno ha fatto una piccola modifica con una bomboletta a spray nera. adesso la scritta dice: “baader era vivo”.
la maestra barbara comunque non mi ha saputo dire con precisione chi cavolo fosse questo baader. le ho detto che magari quello che ha scritto baader si è sbagliato, ha messo troppe a, che magari ha imparato l’italiano leggendo l’etichette delle merendine fiesta. ma no, la maestra barbara mi ha detto di non preoccuparmi della grammatica lungo i muri e di continuare a fare la pipì e che se avevo finito ci pensava lei a strizzarmi via le gocce di pipì dal pirillo.

ho chiesto anche alla mia mamma se sapeva chi era questo baader. e lei mi ha detto che era un gran bastardo. ah, tipo me. chè la mia mamma mi dice sempre che son un figlio bastardo, ma io ancora devo pensarci bene se è una cosa buona o una cosa cattiva o una cosa così così. su questa cosa il maestro matteo non mi ha ancora detto pensaci.

ah, poi la mia favola fa così:
“c’era una volta un bambino, un bambino che cadde in un lago, un grande, molto grande lago. un lago grandissimo. il problema era che il bambino non sapeva nuotare. ma più che non saper nuotare aveva una fifa tremenda di morire annegato. fu così che per non morir annegato si mise a bere e bevve, bevve, bevette tutta l’acqua del lago, fino a prosciugarlo. così tutto contento, che la paura gli era passata via, di acqua non ce n’era più, basta paura paura paura, allora prese e se ne uscì dal lago, a piedi, camminando sul fondo sabbioso, fondo sabbioso, fondo sabbioso, fondo sabbioso (ripeto “fondo sabbioso” perchè mi piace come suona. fondo sabbioso. a volte ci son delle parole che mi suonano bene e io le ripeto. il mio amico giachetti dice che sono matto perchè parlo da solo, ma io non sto mica parlando, sto sentendo il suono di una parola che suona molto bene).
insomma, il bambino camminava camminava uscendo dal lago ma gli successe una cosa: inciampò in un pesce senza fiato che saltava di qua e di là chiedendosi dove fosse finita casa sua, l’acqua del lago. appunto. così finì che il pesce fece un capitombolo, il bambino inciampò e fece un ruzzolone bellissimo (che è tipo un capitombolo ma la maestra dice che non si può ripetere una parola subito dopo vicina, che suona male, ma mi sa che la maestra ha imparato a scrivere leggendo le confezioni delle merendine fiesta) e dopo il ruzzolone, bellissimo, cadde sulla sua pancia gonfia d’acqua di lago, acqua molto pesante, anche da mandare giù, che alla fine scoppiò, la pancia, e lui morì. così il bambino imparò che a volte morire annegato non è la peggio cosa.”

la prossima volta vi racconto di quella volta che siamo andati a giocare nel cortile di giachetti e la signora del piano di sopra di giachetti ha gettato il marito giù dal balcone direttamente nel cortile. forse.

allora ciao.

piccolo bastardo racconta 1

io ho nove anni.
faccio la quarta elementare. mia mamma dice che dovrei fare la terza. dice anche che è la donna più bella del mondo. dice tante cose, la mia mamma.
la mia mamma dice che sono un bambino molto cattivo, a volte. che però sono anche buono. io questa cosa del bambino buono, bambino cattivo mica la capisco. magari se fossi in terza la capirei, ma io sono in quarta. elementare. a chi mi chiede dico che son un bambino medio.
il mio migliore amico di banco e compagno si chiama giachetti. lui invece dovrebbe fare la quinta, ma è stato bocciato da un maestro che s’era fissato di bocciarlo. diceva: io, quest’anno, giachetti lo boccio. si sentivano anche le virgole quando diceva, io, virgola, quest’anno, virgola, giachetti lo boccio. giachetti lo boccio lo diceva invece senza virgole in mezzo. la mia maestra dice che le virgole, è importante dove si mettono.
il mio migliore amico si chiama giachetti e ha una sorella gemella, che si chiama giachetti anche lei. non mi piace sua sorella perchè è una femmina. le femmine sono sporche e puzzano. hanno le mutandine. mentre noi maschi abbiamo le mutande. vorrà dire che loro hanno un pirillo piccolo piccolo.

la mia maestra si chiama barbara.
io amo la mia maestra, anche se è una femmina.
la mia maestra ama me.

mi piace anche un’altra maestra, che però mi piace di più perchè in realtà è un maestro. un maschio, uno di noi, uno con le mutande, mica le mutandine. si chiamava matteo. è stato un maestro supplente che è venuto nella mia classe quando la mia maestra barbara è rimasta incinta e aveva il pancione.
il maestro matteo mi piaceva perchè ci insegnava la matematica profonda. nessuna altra maestra mi ha mai insegnato la matematica profonda. mica le frazioni. le frazioni solo la sorella di giachetti non le sa fare. no, io parlo d’altro. teoremi. e poi che il punto non ha dimensioni. neanche il punto più piccoletto del mondo fatto con la penna stilo più sottile che ho. ho provato a chiedere, ma matteo mi ha detto che no, nemmeno con una matita funziona. mi ha detto che devo pensare a questa cosa, che il punto non ha dimensioni, in un altro modo. mi ha detto che è una definizione. che si deve prendere per buona. non è una cosa che ci devi credere, tipo gesù che sanguina nella messa. però mi ha detto che è una cosa che se dici che è giusta poi tutta una serie di altre cose sono giuste. se dici che non è giusta allora alcune cose sono giuste e altre no. insomma alla fine mi ha sorriso e mi ha detto pensaci. nessuno mi aveva mai detto pensaci.

giachetti è mio amico perchè ci scambiamo le figu e ci diciamo i segreti e abbiamo un diario, sempre segreto, nel quale scriviamo anche i nostri segreti e anche alcuni segreti che non ci diciamo a voce. di persona. segreti segretissimi.

giachetti ieri mi ha vinto lo scudetto della juve, quello argentato, così oggi devo cercare di barattarglielo con dieci figu che gli mancano, tanto lo scudetto ce l’ha doppio. poi io lo scambio con sua sorella per venti figu, tanto lei non solo è della juve, ma essendo una femmina è pure parecchio stupida.

la prossima volta vi racconto di quella volta che io e giachetti siamo andati al campo a giocare a calcio e ci hanno picchiati. forse.
finisco e vi dico che la mia maestra puzza sì, essendo femmina, ma in una maniera diversa dalle altre femmine della mia classe, in una maniera, però, che non vi so dire.
ah, oggi è il 1° maggio 1979.
allora ciao.