scrivere è come pregare

io me fotto di tutti voi.

la vita che, pare, mi viaggi intorno, quella mediatica, quindi mediata, quindi indotta, quindi non mi interessa. non mi interessa più.

torno alla vita che ho nella testa. quella poca lì.
 che mi piace a me. quella con le storie dei libri e di certe talune persone che bastano, nella vita, star appresso.

poi dico, scrivere.
scrivere è il meglio che c’è per me, il meglio che mi ritrovo di tra le mani. scrivere è come concentrarsi moltissimo. raccogliere tutti i pezzi sparsi di te e raggrupparli vicino, tutti sul tavolo. dico, prendo tutto il casino e lo metto qua, un poco qua, un altro poco poco più in qua, anche un poco sotto il tavolo, tutto vicino però, concentro le cose.
insomma scrivere è come pregare. avere tutto a portata di mano, tutto quel che le cose di te sono te e sono una rappresentanza di te o una rappresentazione di te, perchè no, quando scrivi son lì, tra tavolo, sotto tavolo e qualche rimasuglio di panino sulla camicia logora. polsini logori. scarpaccia consumate e stinte. non so se avete presente.
non è glamour. è che son consumate, propio. le scarpe e le camicie.

io son quello con l’abbigliamento consumato. son fuori di moda.
son cose che m’interessano no.

‘ me, mi interessa una certa amicizia con certi amici compagni miei, che ci siam visti come da lontano, e ci si vedeva anche male, sfocati nel vino, nel fumo, nel legger forte i maestri che sappiamo, nel voler bene al maximilien roccam de pasteur. nel riconoscerci come banditi della stessa banda. me, m’interessa di loro, maestri, e fratelli.

io son quello che non lava mai i piatti e le scodelle. i piatti, faccio scarpetta, precisa. scodelle, risciacquo subito, non caffè lasci righe dentro.

io me ne fotto di tutti voi.

scrivere è come pregare.

pregate molto, bastràdi.
io prometto che pregherò di più, padre nostro, fratelli miei, pregherò di più.

(noi siam quelli che vediam il male
che il male lo vediam per bene
e se non ce l’abbiam dentro
semprechè le volte che non ce l’abbiam di dentro,
 da buttar di fuori,
un grande male,
quelle poche volte lì,
lo vediam benissimo quel grande male che c’è di fuori
simpatico, da bastonare
lo vediamo sì)

(e poi siam quelli ch’han in testa sempre qualcos’altro)

oppure no.
mi consumerò.
sarò polsino di camicia logora.

Pubblicato da

arsenio

m'han nomato bravuomo un giorno e da quel giorno io me lo tengo, quel nome. arsenio mi son nomato da solo. eccetera.