l’altro ier pomeriggio ero all’imbarchino con guido e si parlava, di tra una bìra e l’altra, del solito problema di come si possa campare con l’arte, la scrittura, la poesia, al giorno d’oggi, ma soprattutto al giorno di domani, che è lì che.
con tutto che in questi giorni sta girando questo condivisibilissimo pezzo di maddalena.
lui che è molto bravo dal vivo, risolve con gli spettacoli dal vivo. ed è felice ed orgoglioso di vendere le care vecchie copie cartacee dei suoi libri, dopo gli spettacoli (anche se c’è il problema che molti sono esauriti, e tutto il resto).
io gli ho fatto il mio solito discorso sulla disintermediazione nella produzione delle opere e sul cambiamento di senso nel passaggio di denaro tra lettori e autori (dal senso di “acquisto” di un prodotto, al senso di “supporto” all’autore, ovvero uno produce roba che mi piace allora gli do dei soldi perché continui a farlo ancora e ancora).
poi gli dicevo che ora quando io vado a fare i readings, mi porto dietro i miei due tomini stampatimi da lulu.com, con tutta la mia produzione dentro. e ogni volta che ne ordino una copia, nel tempo che ci mette ad arrivare a casa mia io ho già scoperto quattro o cinque refusi, ho aggiunto un paio di poesie e ho cambiato il finale ad altrettante. quindi quella che mi arriva è una copia già vecchia, superata.
avessi un ipad (o similare) il problema non esisterebbe più. mi presenteri con l’aggeggio sul leggìo e avrei sottomano tutta la mia produzione lì, aggiornata all’ultima virgola cambiata. non avrei bisogno neanche di fare due versioni delle poesie (una per il web e una per il pdf stampato, con tutto lo sbattimento di convertire gli in corsivi e via dicendo). con tutto che non avrei bisogno delle lucette per illuminare i fogli nel buio del locale, eh eh.
ecco, apparte che forse son riuscito in qualche modo a trovare una scusa buona per comprare un ipad (mulliera spero che tu mi stai leggendo, eh eh), quel che voglio dire è che la penso esattamente come scott adams, quello di dilbert, in quest’articolo segnalato oggi da granieri.
solo questo.
(ah, questo pezzo di scrittura, fa quattro euro. o una bìra media)
mio fratello che fa dischi li dà in omaggio, poi se vuoi fai una offerta libera. guadagna ben più di quando li vendeva a cinque euro :)
io che faccio foto non sono per niente d’accordo con maddalena.
meglio gratis che sottopagata.
cioè, il discorso che faccio io è: piuttosto il servizio te lo faccio gratis, perché credo nella tua causa o vattelappesca, ma non svaluto il mio lavoro con un compenso ridicolo. svaluterei il lavoro di tutti i miei colleghi tra l’altro.
ma io faccio foto. forse è diverso.
ah. ti devo una bìra media. quando passi daa capitale.
ottimo. per la bìra dico. passerò giusto tra il 30 giugno e il 2 luglio… eh eh.
sul pagamento: io credo che ci sia caso e caso. dipende se parliamo di lavoro o di volontariato. a volte va bene secondo me partecipare a qualcosa a titolo gratuito perché credi nella causa. a volte no. a volte non farsi pagare certi lavori è concorrenza sleale nei confronti dei colleghi. come per esempio scriveva qualche natale fa sirianni: gli artisti non professionisti che vanno per locali a suonare gratis rubano il lavoro a chi invece lo fa di mestiere e ci campa…
sì. vero. ma anche quelli che accettano dieci euro tolgono il lavoro ai professionisti.
è sull’accettare cifre non adeguate che non sono d’accordo, allora ti rispondo: piuttosto, se c’è un motivo preciso e giustificando la scelta, lo faccio gratis.
il 30 e il 2 dovrei esserci ;)