i don’t see the point

in questi giorni pare che le corazzate dell’industria culturale di questo paese, e quando dico industria culturale intendo gente del calibro di telecom italia, mica cazzi, per dire, per farmi capire, non so se mi spiego, insomma, le corazzate e i motosiluranti dell’industria culturale di questo paese hanno mollato gli ormeggi, ma mi son stufato di ’sta metafora marino militaresca, insomma pare che quelli grossi, quelli con la potenza di fuoco, e daje, si stiano dando da fare con gli ebook, i libri del futuro e il futuro dei libri. e quando dico darsi da fare, sì, intendo che stanno tentando di incularseli per bene e mandare al solito in vacca tutto, coi buoi dei lettori sul carro appresso.
ho letto in giro commenti molto interessanti, ma io son un cialtrone e di sabato all’alba, son le 12 e diciannove, ho gli occhi ridotti un camion della spazzatura, vorrai mica che mi metta a cercare i link. vorrai mica.
ho letto post interessanti sulla questione. da uno di questi scopro meglio una cosa che sapevo già, ovvero che il formato epub (che si sta affermando come standard per gli ebook, più o meno) è in pratica un file xhtml incellofanato con l’xml per certi metadati e infine compresso. in pratica un piccolo sito web locale racchiuso in un file. facile no?

ma quindi, io non capisco.
i don’t see the point.
ma quindi, che ce ne facciamo di un altro formato? non possiamo semplicemente dire che il libro del futuro (e qui immagina che lo stia dicendo ampollosamente, esageratamente e qualche altro mente che in questo momento, vorrai mica mi metta a cercar le parole esatte. vorrai mica), quindi non possiamo sempicemetne dire che il libro-del-futuro è un mini sito?
si fottano le piattaforme di distribuzione, i grossi pescicani, e tutto il resto.
basta che i device (con eink o qualsivoglia) abbiano un browser che supporti html5 e i libri-del-futuro son belli che serviti. interattivi, multimediali, social networkizzati, commentabili, sottolineabili, traducibili, correggibili, in diretta sul web.

lo so.
i soldi.
son qui che m’immagino che ti sento dire, sì, ma i soldi?
sì ma i soldi, se te vuoi i soldi, vai a lavorare.

l’industria culturale deve chiudere bottega.
i libri non sono patate, un tanto al kilo.
gli autori vanno supportati, non comprati. basta andare ai loro reading, leggere quel che scrivono e dargli dei soldi quando si sente la necessità di aiutarli ad avere il tempo per continuare a scrivere.

e ora un caffè breve lungo di rum, giusto per incollare questo giorno pomeriggio allo ieri.

Pubblicato da

arsenio

m'han nomato bravuomo un giorno e da quel giorno io me lo tengo, quel nome. arsenio mi son nomato da solo. eccetera.