per cinazza e cinazza2

t’ho vista profumata
    d’alberi remoti
e perduta
  dietro a’ piedi troppo vaghi
mangiarti unghie spesse d’azzurro occhi

ti prenderei in braccio ogni
  sole del mattino
ma per solo un poco
   dal risveglio
   alla bellezza del tuo
   sparso movimento
   di capelli
celestino

tanto tempo fa nascemmo
fatti di musica comica
 e simile
e mi sei rimasta nota
di fra le ottave mie
concave e stonate

poi ti direi
  prendimi come zio
del pacchettino di cellule in più
che tieni ‘n forno dentro nella pancia
anche se son rimasto timido blu
   d’assenze
bischero e cocciuto
(come sempre)
a vederti grande e viva come albero riempito
da’ profumo melarancia

coinquiline

durante la dodicesima volta che si guarda four weddings and a funeral, dico:

- eh, a volte mi dispiace d’esser arrivato al capolinea.
- che capolinea?
- il capolinea con la sfilza di donne.
- con la sfilza di donne?
- cioé a dire che dopo di te, nisba.
- ma cosa vai vaneggiando vaneggione?
- ah certo, fai presto tu a non far pensieri del genere…
- uh?
- eh, te sei una donna.
- …
- fai presto te.

son ancora ubriaco

son ancora ubriaco questo pomeriggio, nonostante la promessa.

ho le palle fredde, le sento con la mano, son ghiacciate. c’è da dire che ho sempre avuto mani incandescenti io. ma pare sia una roba fisiologica questa degli spermatozotici da tenere in frigorifero, altrimenti friggono e muoiono.

c’è gus van sant in fronte a me, sfocato, sapete, cowgirls, bonanza jellybean che muore di tra le braccia della sua confraternita lesbo. uma piange.

son riuscito a rollarmi una sigaretta appena, malamente, di tabacco troppo forte per i miei, di gusti.

mi disperdo in chiacchiere m’arriverà a casa questa sera, esausta di lavori e tutto, e mi troverà tappeto sul pavimento, una mano sulle palle a frigger spermatozotici, e nell’altra sempre la bottiglia. e avrò intorno alla testa ancora un paio delle sue mutande fresche usate, per sentire il suo profumo, ‘ rendere il mondo un posto di meno schifoso.

nella notte

nella notte
ch’è come morirsi addosso,
seppellirsi di sotto del proprio stesso cadavere
propio
vi son accanto, blogformisti,
a morir un po’ di meno
(po’ con l’apostrofo)
giusto per sentirvi meno soli
le notti che vi tocca miagolare
tipo come avanzi di comare
rimaste senza peyote da fumare
e un poetry slam da sindacare
male
ché due poesie son poche
e le altre che si posson dire
poi
no’ mi dite ‘ son troppe
in sovrannumero
più che altro
più per l’altro
  arbitro giudice

(pausa)

m’è che la popolazione di poesie
  mondiale
va sul morendo andante a male
così perchè non darci dentro con brio
anche solo in certi eventi fortunati
  compresenti d’un certo pio voce
    ‘ccompagnati
e la mia gola truce a versificare
come di strafòro
  d’una musica
‘ppoggiata sbilenca sapida
  (nella notte)
     tipo coro
(sipario)