staff

pure il piccolo bastardo novenne ch’è in me ha capito che il dentro la testa il buon bush ha sì e no due neuroni, che se non gli scrivono per filo e per segno quel che deve dire e fare, combina casini che la metà basta (tipo il nostro bandana, che tutte le volte ch’ha improvvisato un’uscita delle sue ha piantato un guaio internazionale barra figura di merdaiuolo, che ci vergogniamo ormai da tempo pure io e il novenne ch’è in me, ‘ esser italiani).

quindi: è no bush a farmi paura. è no kerry a farmi paura. è no bandanapelata a farmi paura. sono i loro staff, i loro staff, che mi fan venire le fitte nella pancia e poi via le sgommate nelle mutande.

arte e soldi

in questi giorni riflettevo sul fatto di incamerare moneta grazie alla produzione artistica, di qualunque genere sia.
e visto che è una delle poche cose su cui ho una posizione precisa, voglio qui ribadirla ai miei venticinque lettori, compreso quello del Morocco che mi fa 7 hits al mese (così dicono le mie web-statistiche).

dunque: l’arte non ha prezzo, perchè non è un prodotto. una canzone, un racconto, non sono prodotti, nel senso commerciale del termine. non si consumano, sono qualcosa di più del loro contenitore (il cd o il libro). quindi cosa compro quando compro un cd o un libro? teoricamente la possibilità di ascoltarlo o di leggerlo. già, ma i soldi a chi vanno? in minimissima parte agli autori, per la maggior parte alla catena intermedia.

poi: l’arte deve essere libera e fruibile da tutti, ancorchè tutti, ma propio tutti tuttissimi, ne possano trarre giovamento, intellettuale, fisico o spirituale.

allora: l’arte deve essere accessibile, quindi in prima istanza liberamente distribuibile. quindi ascoltabile e leggibile.

allora allora: il denaro se deve c’entrare, deve c’entrare ma dopo la fruizione (per dirla con un parolone), e non con il significato di una transazione commerciale.

in pratica: ascolto una canzone e solo dopo, se io credo di aver percepito il talento, se credo di aver partecipato ad un’opera d’arte, solo allora mi vien voglia di mandare dei soldi all’autore, e sottolineo all’autore. ma perché gli do dei soldi? per dargli supporto! non perchè mi ha venduto un prodotto! perchè mi fa piacere dargli dei soldi, offrirgli una birra, mandargli una torta, MI-FA-PIA-CE-RE.

insomma: mandatemi pure dei soldi, offritemi una birra, portatemi una torta.
ma solo s’è arte, la mia e se vi fa piacere.

muliere coinquiline

- senti, tesoruccio, ti dispiace se ti chiedo una cosa, se ti interrompo dal tuo scricchiolare sulla tastiera?
- senti tu, invece: per intanto te mi potrai chiamare tesoruccio solo quando avrai imparato a volare e girerai per casa con un mini-bikini tigrato, e secondariamente: dimmi pure.
- volevo sapere se ti dà fastidio che adesso prendo e mi metto a passar l’aspirapolvere per tutta casa, per più di un’ora e un quarto credo, visto lo strato di gomitoli di polvere sul pavimento.
- ah, ecco, pensavo avessi installato una orrenda moquette grigiastra a mia insaputa…
- … io attacco, neh.
- fa’ pure, tanto ce l’ho sempre un ronzio fisso nella testa…

di certe corazzate editoriali

mi piace no questa cosa dell’einaudi che prende i talenti della rete e li usa per far i soldi. io il libro “la notte dei blogger” non lo compro.
ho però già dato una monetina di un euro a proserpina, dato che l’ho vista, chè io i soldi, nel caso, li voglio dare agli autori, agli intermediari no. e sono pronto a farlo con tutti gli altri autori.

così sia.

(ah, e non ne posso più di ’sta cagata che in italia ci son no storyteller, sai chemme ne faccio delle storie, le storie l’ha già scritte tutte shakespeare, noi si scherza col copincolla e basta)

piccolo bastardo racconta 2

io ho nove anni.
ieri oppure ieri l’altro o l’altro ancora, o un giorno prima, o boh, ho scritto una favola.
ho raccontato la mia favola a giachetti, che è il mio migliore amico compagno di banco. non so se sarà ancora compagno di banco mio l’anno prossimo perchè la maestra ha detto che lo boccia.
giachetti ha preso ed è andato a raccontarla a sua sorella, la favola, che essendo femmina ovviamente non so se ci ha capito qualcosa. io non so cosa ci aveva per la testa giachetti, ‘ andarla a raccontare a sua sorella, chè a volte spero che lo bocci veramente, la maestra, a giachetti quando fa queste cose qui.
io mica sono andato a raccontarla alla maestra barbara, in quanto femmina. mica faccio di queste cose qui.
alla maestra barbara invece ho chiesto chi era baader. sotto casa mia su un muro c’era un scritta con la vernice rossa, quella che sbava delle bombolette, a spray, che diceva, la scritta rossa “baader è vivo”. poi l’altro ieri o il giorno prima o quello prima ancora, o boh, qualcheduno ha fatto una piccola modifica con una bomboletta a spray nera. adesso la scritta dice: “baader era vivo”.
la maestra barbara comunque non mi ha saputo dire con precisione chi cavolo fosse questo baader. le ho detto che magari quello che ha scritto baader si è sbagliato, ha messo troppe a, che magari ha imparato l’italiano leggendo l’etichette delle merendine fiesta. ma no, la maestra barbara mi ha detto di non preoccuparmi della grammatica lungo i muri e di continuare a fare la pipì e che se avevo finito ci pensava lei a strizzarmi via le gocce di pipì dal pirillo.

ho chiesto anche alla mia mamma se sapeva chi era questo baader. e lei mi ha detto che era un gran bastardo. ah, tipo me. chè la mia mamma mi dice sempre che son un figlio bastardo, ma io ancora devo pensarci bene se è una cosa buona o una cosa cattiva o una cosa così così. su questa cosa il maestro matteo non mi ha ancora detto pensaci.

ah, poi la mia favola fa così:
“c’era una volta un bambino, un bambino che cadde in un lago, un grande, molto grande lago. un lago grandissimo. il problema era che il bambino non sapeva nuotare. ma più che non saper nuotare aveva una fifa tremenda di morire annegato. fu così che per non morir annegato si mise a bere e bevve, bevve, bevette tutta l’acqua del lago, fino a prosciugarlo. così tutto contento, che la paura gli era passata via, di acqua non ce n’era più, basta paura paura paura, allora prese e se ne uscì dal lago, a piedi, camminando sul fondo sabbioso, fondo sabbioso, fondo sabbioso, fondo sabbioso (ripeto “fondo sabbioso” perchè mi piace come suona. fondo sabbioso. a volte ci son delle parole che mi suonano bene e io le ripeto. il mio amico giachetti dice che sono matto perchè parlo da solo, ma io non sto mica parlando, sto sentendo il suono di una parola che suona molto bene).
insomma, il bambino camminava camminava uscendo dal lago ma gli successe una cosa: inciampò in un pesce senza fiato che saltava di qua e di là chiedendosi dove fosse finita casa sua, l’acqua del lago. appunto. così finì che il pesce fece un capitombolo, il bambino inciampò e fece un ruzzolone bellissimo (che è tipo un capitombolo ma la maestra dice che non si può ripetere una parola subito dopo vicina, che suona male, ma mi sa che la maestra ha imparato a scrivere leggendo le confezioni delle merendine fiesta) e dopo il ruzzolone, bellissimo, cadde sulla sua pancia gonfia d’acqua di lago, acqua molto pesante, anche da mandare giù, che alla fine scoppiò, la pancia, e lui morì. così il bambino imparò che a volte morire annegato non è la peggio cosa.”

la prossima volta vi racconto di quella volta che siamo andati a giocare nel cortile di giachetti e la signora del piano di sopra di giachetti ha gettato il marito giù dal balcone direttamente nel cortile. forse.

allora ciao.